venerdì 24 aprile 2015



PUBBLICITA' POLITICAMENTE SCORRETTA

Tutte le espressioni della cultura umana rispecchiano la loro epoca, ma poche lo fanno in maniera trasparente quanto la pubblicità. Da essa si possono facilmente dedurre le priorità, le preferenze, il gusto, le abitudini e la capacità d'acquisto della popolazione media.
Pur esistendo da sempre (se ne conservano tracce per esempio sui muri delle case di Pompei) solo in tempi più recenti è diventata onnipresente, martellante e condizionante. Spesso cerca di far leva sui lati peggiori del consumatore cadendo nel cattivo gusto e, in molti casi, nel ''politicamente scorretto''.
Spessissimo, almeno fino agli anni '60 del XX secolo, la pubblicità è stata razzista. Ora, si sa che in campo pubblicitario si fa largo uso di stereotipi che consentono di semplificare e mediare più velocemente un contenuto. E' dunque assai frequente anche lo stereotipo etnico. Negli Stati Uniti i neri apparivano nelle réclames solo come persone di servizio: domestici, camerieri e simili. Erano questi i lavori più frequenti per loro all'inizio del secolo, e i soli lavori che probabilmente la maggioranza si augurava che essi si limitassero a fare.

 
 

 





















Peggiore ancora del fatto di mostrarli sempre come ''sottoposti'', fu l'identificazione di ''nero'' con ''sporco'', concetto che facilmente si veicolava verso i bambini.



I nativi americani venivano in genere mostrati come brave persone (diversamente che nei film) ma stupidi e poco evoluti.



Anche in tempi attuali ogni tanto si taccia qualche pubblicità di razzismo. E' recente il caso della Falabella, grande catena commerciale cilena.

 



 Nel 2014, all'ennesima campagna pubblicitaria che utilizzava le consuete bimbe bionde ariane in un paese a maggioranza india o meticcia, le proteste già messe in atto negli anni precedenti, hanno finalmente raggiunto la cassa di risonanza dei media. Falabella è stata costretta a ritirare la campagna, davanti alle accuse di razzismo nei confronti dei suoi stessi clienti, e a rivolgersi finalmente a dei pubblicitari con un immaginario meno colonizzato.

Per quanto riguarda la figura della donna, la pubblicità ha sempre proposto gli stereotipi della donna/serva e della scimunita, nonchè della donna/oggetto sessuale. Soprattutto quest'ultimo è ancora largamente usato, in Italia più che altrove.











 





























E siccome al peggio non c'è mai fine ecco due réclames dello stilista Tom Ford:





Per quanto riguarda il tabacco, odio quei talebani che si allarmano se solo gli par di sentire nell'aria odore di sigaretta: ok, il fumo passivo fa male, ma spesso si esagera. Tuttavia le pubblicità di sigarette del passato erano palesemente scorrette. Anche in assenza di studi approfonditi era noto che il fumo non facesse bene, anzi, tutt'altro. Consigliarlo alle mamme per calmare i nervi ed essere così più pazienti con i bambini, era criminale già allora. Come pure farlo consigliare dal medico.





''Voi inalate il fumo? 7 persone su 10 vi diranno di si. Le altre 3 inalano senza esserne consapevoli. Ma è fondamentale esser certi che la vostra sigaretta sia pura, pulita, e che voi non respiriate impurità. Le Lucky Strike sono sottoposte ad un processo di purificazione...'' ecc.





















''Fumo blu, fumo blu
Una nuvola e dentro tu
E poi e poi
se un uomo sa di fumo
Ma sì ma sì
è veramente un uomo 

e un bacio vale dieci dato da te...''
E' una canzone di Mina di tanti anni fa, ed effettivamente all'epoca l'odore di fumo in un uomo poteva essere sexy. Ma soffiare il fumo in faccia a qualcuno è da cafoni, in ogni tempo e luogo!






Per oscuri motivi la pubblicità fino agli anni '60 si è sempre rivolta alle donne per ciò che riguarda la pulizia personale, come se una donna con cattiva igiene fosse disgustosa (e effettivamente ci sta) ma ad un uomo non fosse richiesta altrettanta cura. Forse l'uomo ha da puzzare e le donne non devono lamentarsene. 


 Tuo marito ti trascura? Guarda le altre? Ti tradisce? Colpa tua: puzzi, e sei troppo stupida per accorgertene!

























E infine, sotto, tre derelitte inutilmente in cerca di marito: puzzano di sudore e, se non porranno rimedio, sono destinate a rimaner zitelle! 





































La civilissima Svezia nel 2013 è riuscita ad offendere in un colpo solo l'Italia, la Spagna e la Grecia con un'indecorosa pubblicità per un parco di divertimenti. Recita lo spot: «Quest'estate alcuni bambini saranno costretti ad andare in Italia (o a Maiorca, o a Creta). Venite invece al Liseberg Amusement Park di Goteborg» E vengono mostrati dei bambini in lacrime.



E, per finire ''in gloria'', risalgono agli anni '80 queste immagini sciagurate che incitano alla pedofilia:

domenica 19 aprile 2015




PIERINO PORCOSPINO


 Fin dal lontano 1845, anno della sua pubblicazione, il libro per bambini Pierino Porcospino ha funestato l'infanzia di generazioni di poveri innocenti, causando paure, incubi,  pianto e stridor di denti.
Il dottor Heinrich Hoffmann, psichiatra, scrisse e disegnò personalmente il volumetto come regalo di Natale per il proprio figlio di tre anni: una serie di brevi storielle nella maggior parte delle quali si parla di bambini indisciplinati e ribelli. Un regalo fatto certamente con amore, ma forse un tantino peloso, in quanto scritto, almeno ad una prima lettura, con intenti educativi secondo l'allora apprezzatissimo sistema delle minacce: fate i buoni altrimenti la punizione sarà terribile. E terribile, nel caso specifico, è dire poco.
Il libriccino piacque tanto in famiglia e agli amici che Hoffmann si convinse a pubblicarlo, ridisegnato con maggiore cura, e col titolo Der Struwwelpeter.





Qui a fianco, una pagina del quaderno scritto a mano e disegnato da Hoffmann.















 Qui a destra invece, la corrispondente pagina della prima edizione pubblicata.
  Il successo fu grande e immediato, e le riedizioni innumerevoli. Si diffuse in altri paesi europei ed anche in America, corredato dei disegni originali o di altri apocrifi, visto che il copyright era all'epoca piuttosto vagamente regolamentato. Negli Stati Uniti i testi in rima che accompagnavano le dieci storielle furono tradotti da Mark Twain.
In Francia uscì nel 1860 tradotto da Louis Ratisbonne, col titolo Pierre L'ébouriffé.









Nel 1882 fu pubblicato anche in Italia, con la traduzione di Gaetano Negri che gli diede il fortunato titolo di Pierino Porcospino. Il successo che il libro ebbe in Italia non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello che ebbe e ancora oggi ha in Germania, forse a causa della concorrenza che gli fece Pinocchio.
Le storielle che compongono il libro, definite nel prologo ''allegre'', sono di genere vario. 



Qualcuna è semplicemente buffa, come quella dove si prende in giro ''il fiero cacciatore'', e vi è un'inversione dei ruoli tra l'uomo e la lepre: una storia dove non sembra esserci alcun particolare intento educativo. 


Altre contengono insegnamenti di scarsa rilevanza, al giorno d'oggi apparentemente superflui, quali non camminare col naso per aria, o non uscire se il tempo è molto brutto. In realtà si tratta di argomenti diffusi nella letteratura del '700 e dell'800, poichè all'epoca era molto sentito il contrasto fra l'adempimento del proprio dovere all'interno della società borghese e il desiderio di evadere, raggiungere posti esotici, guadagnarsi la libertà.
 


Questa è la storia di Giannino Guard'in aria che, mentre va a scuola con la cartella in mano, subisce le conseguenze della sua sbadataggine, cade in acqua, viene deriso dai pesciolini e, quel che è peggio, perde la sua cartella (cosa che sottintende il successivo rimprovero dei genitori).

''Dai capelli giù a torrenti
cade l'acqua, ei batte i denti.
E pel freddo trema tutto.
Come piange, com'è brutto!
La cartella ei cerca invano. 
Già galleggia assai lontano.''








La storia di Roberto che vola: 

''Quando infuria la tempesta
  Quando piove a catinelle
  Fuor non mettono la testa
  Bambinelli e bambinelle.
  Ma con stupido ardimento
  Sfida l'acqua, sfida il vento
  Quello sciocco di Roberto
  Con in man l'ombrello aperto.''


Il vento gonfia l'ombrello e il bimbo si trova sollevato e trascinato dall'uragano. Inutilmente grida: nessuno lo sentirà. Il finale è angoscioso:

''Su nel cielo più lontano
  E' Roberto ormai perduto.
  Lo cercar ovunque invano, 
  E nessun l'ha più veduto.''














Uno dei racconti contiene un insegnamento molto attuale, che appare quasi anacronistico per il periodo in cui è stato scritto: un monito contro il razzismo. E' la Storia del moretto che mentre passeggia viene dileggiato da tre monelli che lo prendono in giro per il suo colore. 

Interviene il severo Maestro Nicolò che, rimasto inascoltato, punirà gli irrispettosi immergendoli nel grande calamaio e facendoli diventare assai più neri del moretto.





''Se non fossero stati sì sventati
  Il gran maestro non li avrìa tuffati
  Del calamaio nell'immondo bagno.
  Hanno fatto davvero un bel guadagno!''

Una particolare attenzione merita il racconto di Filippo che si dondola. E' la perfetta descrizione di una sindrome, la ADHD (sindrome da iperattività o deficit d'attenzione) che fu riconosciuta solo ai primi del '900. 
Alla tavola di questa famiglia borghese ottocentesca, il figlio non riesce a star fermo e composto. 


 ''E scalpita e tempesta,
  Grida, saltella, pesta
  I pugni sulla tavola, si dondola
  Sovra il sedile e ciondola
  Prendendo la tovaglia. -Oh, che stordito,
  Gli dice il babbo, a lui puntando il dito, 
  Non dubitare che sarai punito!- 


  Ma Filippo continua a dondolar la sedia finchè cade a terra aggrappandosi alla tovaglia e trascinando tutto con sè. La descrizione che segue è volutamente tragica, tanto tragica che un adulto ne vede la comicità, un bambino vede solo appunto la Tragedia. Io personalmente sentivo un senso di ansia generato da questo disastro che intuivo sia economico che affettivo, e di proporzioni epiche.


Ecco cade la sedia e capovolto
Sen va Filippo. Oh, che spavento, oh, mira
Che orribile rovina!
Filippo, nel cader, con sè trascina
La tovaglia coi piatti, le stoviglie,
Le salse, le vivande, le bottiglie.
Egli giace piangendo
Sotto la mole del disastro orrendo,
Che contempla, girando l'occhialetto,
La mamma cui il cor si schianta in petto!

Ohimè, che al suol caduto,
Tutto il pranzo è perduto!
Ahi, son spezzati i piatti,
E alla mensa dei gatti
I bocconcin squisiti
Or saranno imbanditi.
Si guardano l'un l'altro i genitori,
In quel fiero frangente,
Ma non dicono niente:
Troppo cruccia i lor cuori
Il pensiero del figlio sciagurato
Che li condanna a un digiunar forzato.


I fregi che ornano le illustrazioni sono interessanti: nella prima si tratta di salumi e pesci, nella seconda di frutta e caffè, nella terza di verghe che preludono alla meritata punizione.

Infine, alcune di queste ''storielle allegre'' hanno un finale sproporzionatamente e sadicamente punitivo, quando non esiziale, e sono ovviamente le più terrificanti. 
La storia di Corrado che si succhia i pollici: 

 Dice la mamma: " Mio buon Corrado,
Per pochi istanti io me ne vado,
Vo' che tu sia studioso e buono,
Non far disordine, non far frastuono.
E guai se il pollice succhiar vorrai!
In modo orribile ten pentirai.
Tu non l'aspetti, ma, di soppiatto,
Entrerà il sarto tutto ad un tratto,
Taglierà il pollice col forbicione,
Come se panno fosse o cartone ".

















 
La mamma appena la soglia ha tocca,
Ed ecco il pollice è nella bocca!


S'apre la porta ed il sartore
Entra a gran salti pien di furore.
Col forbicione, zig zag, recide
Al bimbo i pollici; il bimbo stride,
Invan, ché il sarto se n'è già andato
Col forbicione insanguinato!

La mamma attonita e sbigottita
Vede Corrado senza due dita,
E quei due pollici, così tagliati,
Mai più a Corrado son rispuntati.












Io ricordo ancora quel particolare formicolio alla nuca che mi coglieva alla terribile apparizione del ''sartore'', sapendo già come andava a finire.
Così come ricordo bene la tristezza angosciante che mi metteva la Triste storia degli zolfanelli, con Paolinetta morta bruciata tra i fiumi di lacrime dei due gattini parati a lutto.

Di sala in sala, Paolinetta
Gira e rigira, sola soletta.
Di casa uscendo la sua mammina
Disse: "Ricordati di star bonina",
Ma, se non teme d'esser sgridata,
Grida, fa il chiasso quella sventata.

Ecco essa vede sul tavolino
De' zolfanelli lo scatolino.
" Oh, che grazioso bel giocherello!
Io voglio accendere lo zolfanello.
La mamma accenderlo veduto ho spesso,
Io vo' ripetere quel gioco istesso. "

E Minz e Maunz, i due gattini,
Alzano al cielo i lor zampini.
Gridano: "Il babbo questo non vuole,
Più non rammenti le sue parole?
Miao, miao, miao.
Suvvia, finiscila con questo gioco,
Che c'è pericolo di prender foco. "
 
Ai due gattini Paolinetta,
Intenta al gioco, non può dar retta.
Ecco la fiamma s'accende e brilla,
Crepita il legno, scoppia, scintilla.
Tutta contenta la pazzerella
Agita il foco, ride, saltella.

E Minz e Maunz, i due gattini,
Alzano al cielo i lor zampini.
Gridan: " La mamma questo non vuole.
Più non rammenti le sue parole?
Miao, miao, miao!
Suvvia, finiscila con questo gioco,
Che c'è pericolo di prender foco. "


Ahimè! la fiamma la bimba investe,
Ardon le trecce, arde la veste.
Corre la misera di loco in loco,
Non c'è più scampo, è tutta in foco.

E Minz e Maunz inorriditi
Mandano acuti urli infiniti.
Miao, miao, miao!
Qui, qui venite, venite in fretta
Muore bruciata Paolinetta ".

Brucia in un soffio, sfuma in un punto
Veste e persona, tutto è consunto.
Un po' di cenere e due scarpini,
Cara memoria de' suoi piedini,
È quel che resta! Non c'è più nulla
Di quell'indocile, vispa fanciulla!

E Minz e Maunz, i due gattini
Tergon le lagrime coi lor zampini,
Miao, miao, miao!
Ahi, babbo e mamma, ahi, dove siete?
Ahi, vostra figlia più non vedrete! "
Come un ruscello che irriga i prati
Scorron le lagrime dei desolati.



Pur tenendo conto della severità dell'educazione ottocentesca, a prima vista potrebbe sembrare che l'amorevole dono del dottor Hoffmann fosse in realtà il prodotto di un sadico. Esiste però un'altra chiave di lettura. Il libro infatti, essendo esplicitamente destinato a bambini dai tre ai sei anni, fu pensato per essere letto e interpretato, quasi recitato, da un adulto per intrattenere i piccoli. Per esempio, il genitore che legge potrebbe cambiare voce a seconda dei personaggi, fare le dovute pause di sospensione per creare aspettative, usare toni enfatici più o meno burleschi. Il testo originale tedesco inoltre è infarcito di espressioni buffe o onomatopeiche (puah, pfui, miao ecc.) destinate ad essere pronunciate in modo divertente dall'adulto lettore. Raccontato in questa maniera il libro può diventare molto differente che non letto in modo pedissequo, potrebbe apparire tutt'altro che pauroso, come un teatrino di burattini che con la gestualità stessa dei pupazzi, così ridicola, sdrammatizza le scene violente. L'intento iniziale del dottor Hoffmann potrebbe essere stato questo. La pubblicazione, la rifinitura dei testi, le successive traduzioni, hanno poi fatto perdere questo particolare imprinting, lasciando agli innumerevoli bimbi che lo hanno poi avuto tra le mani un libro francamente terrificante.
Sta di fatto che il successo del libro è proseguito fin quasi ai giorni nostri, diventando parte integrante dell'immaginario collettivo, in Germania soprattutto. L'immagine di Pierino Porcospino, con la sua criniera di capelli, compare su foulard, porcellane, cuscini, cartine per avvolgere le arance, magliette, calze, spesso, insieme ai suoi compagni, è diventato anche il testimonial di prodotti alimentari o da bagno.



















 Il libro si prestò anche a diverse satire politiche.





La sua diffusione è stata così capillare che a Francoforte sul Meno è stato addirittura aperto nel 1977 un museo dedicato proprio a Heinrich Hoffmann e alla sua creazione letteraria. Vi sono inoltre monumenti e parchi a tema.



 Foto scattate allo Struwwelpeterpark di Tabarz, in Turingia










Ed infine, qui sotto, una fontana a Francoforte.

FINE