martedì 28 luglio 2015





GIULIETTA MASINA
(DONNE CHE AMANO TROPPO 3° PARTE)



 Dopo che  negli anni '50 interpretò La Strada e Le Notti di Cabiria, Giulietta Masina divenne celebre in tutto il mondo, dall'America al Giappone. In Italia invece fu meno popolare, veniva considerata come una creatura del marito, Federico Fellini, cosa che peraltro non la disturbava. Secondo alcuni critici addirittura, senza il suo Pigmalione, non avrebbe saputo nemmeno recitare. Non era vero, e i fatti successivi lo dimostrarono. 

Nel film La Strada, con Anthony Quinn
Sul set del film La Strada


Tuttavia era una donna che non si riconosceva nel personaggio della diva. Credeva nei valori tradizionali della famiglia e della religione, e la sua vita ruotava intorno ad essi ed al suo famoso marito. Ogni mattina usciva dalla casa di via Margutta con il fazzoletto in testa e la borsa della spesa, e andava al mercatino di via della Croce. Voleva essere una moglie e una padrona di casa perfetta. Quando in un'intervista degli ultimi anni le fu chiesto se per caso non si fosse mai sentita considerata come ''la signora Fellini'' lei rispose che, qualora così fosse stato (ma tutti l'avevano sempre chiamata Giulietta Masina) lei ne sarebbe stata onorata. Innamoratissima di Federico, non tollerava alcuna critica nei suoi riguardi. Lui era spesso scortese con lei in presenza di altri: la interrompeva, la rimbeccava con impazienza, e sul set, mentre era gentilissimo con tutti, la trattava male. Lei talvolta rispondeva per le rime, ma in genere subiva.
Erano molto diversi per carattere, lei espansiva ed entusiasta, lui silenzioso e chiuso. Lei gli lasciava per casa dei bigliettini affettuosi a cui lui non rispondeva mai (''ma io so che li legge'' aveva confidato in un'intervista, con un piccolo sorriso). Essendo fumatrice da sempre, per non disturbare il marito si era ritirata in un piccolo appartamentino al piano superiore della loro casa. Fellini sfarfalleggiava a destra e a manca nell'universo femminile. Passava da un'avventura all'altra senza mai compromettersi. Sicuramente non ebbe mai nessuna intenzione di rompere il sodalizio che lo legava a Giulietta. E tanto bastava evidentemente a lei per sentirsi soddisfatta. Infatti non diede mai alcuna importanza alle intemperanze del marito e gliele perdonò sempre: lui era evidentemente troppo ''grande'', troppo ''artista'', troppo ''Maestro'', perchè non potesse esser libero di approfittare di tutte le occasioni che gli si offrivano. 



Però ci furono un paio di casi in cui non si trattò propriamente di innocue avventure. Infatti tra i due coniugi ci fu per trentasei anni (dei cinquanta che durò il loro matrimonio) la presenza costante della farmacista Anna Giovannini, donna dalle forme tonde, ribattezzata dal regista ''Paciocca''. Fellini la amò, senza particolari sotterfugi, sino alla fine, come si evince dalle lettere che la donna rese pubbliche solo dopo la morte di Giulietta. Ma la relazione era nota a tutti, moglie compresa.
Un'altra storia venuta a galla dopo la scomparsa di ambedue è la relazione che Fellini ebbe con Sandra Milo, sulla quale la Sandrocchia nazionale ha improntato anche uno spettacolo teatrale. Durata diciassette anni, terminò per l'eccessivo attaccamento del regista che, a detta della Milo, voleva addirittura scappare via con lei. Data la credibilità della fonte, questa notizia è da prendere con le pinze, o da non prendere affatto. Anche questa relazione pare fosse nota a Giulietta, che rimase comunque amica di Sandra.

Fellini, la Masina e la MIlo intervistati da Lello Bersani

 In un'occasione la Masina, forse preoccupata dell'importanza di una di queste relazioni, fece una cosa che non era da lei: si rivolse ad un investigatore privato, che pedinò e fotografò Fellini cogliendolo in flagrante delitto. Il risultato fu che lui inserì quest'episodio nel film Giulietta degli Spiriti, e lei si adattò a recitarlo...
Ci fu un momento in cui Giulietta agì di testa propria, contro il parere del marito: fu nel 1972, quando accettò di recitare come protagonista in uno sceneggiato Rai: Eleonora. E fu un'ottima scelta, perchè lo sceneggiato fu uno dei più seguiti in assoluto, e lei divenne popolarissima, tanto che si cavalcò l'onda con un secondo sceneggiato di cui era sempre la protagonista, intitolato Camilla.



Questa la trama di Eleonora:
In una Milano di metà '800 Eleonora appartiene ad una famiglia ricca e borghese che la educa al culto della rispettabilità sociale. È la figlia scialba di un uomo severo, rigidissimo, e sorella di una bella e giovanissima fanciulla, molto più estroversa di lei. Eleonora trascorre le sue giornate in casa e, dalla finestra, osserva un pittore (l'attore Giulio Brogi, allora giovane e affascinante, reduce dal successo dell ''Eneide'' in cui era protagonista) innamorandosene. L'artista è bello, nullatenente, vive in maniera anticonvenzionale, fa parte del movimento della Scapigliatura. Eleonora lascia la famiglia, gli si presenta, gli chiede di poterlo seguire, gli fa da domestica, si lascia maltrattare, subisce qualunque umiliazione pur di stargli vicino e amarlo. Negli anni gli sforna diversi figli, mentre lui vive la sua vita, ha altre donne, viaggia, scompare, ritorna. Tra vita disordinata e alcol, il pittore morirà giovane, assistito da Eleonora. Sul letto di morte la donna gli domanderà se in tutti quegli anni che gli ha dedicato, ci sia stato almeno un momento in cui lui l'abbia amata. Per tutta ricompensa a tanta dedizione avrà come risposta un cenno di assenso. Ciliegina sulla torta, dopo la morte dell'uomo, conoscerà un figlio di lui di cui non aveva idea, che accoglierà in famiglia con gioia come se fosse suo.




Nella pratica Giulietta impersonò una donna uguale a se stessa. Quando una giornalista la intervistò mentre lei era all'apice del suo successo fra il pubblico italiano, le domandò cosa pensasse di questo personaggio così demodé, così succube (era il 1973, erano gli anni della contestazione, del femminismo, della parità dei diritti ecc.) lei si mostrò meravigliata. Perchè demodé? Quando una donna è innamorata come altro può comportarsi? Il suo unico desiderio non può che essere quello di preoccuparsi della serenità del suo uomo, del suo benessere, della sua felicità, della sua casa, dei suoi figli...
Questo è il ritratto scoraggiante di una donna che ha vissuto nella venerazione del marito.

Valentina Cortese


Eppure...eppure... mentre facevo qualche ricerca per buttar giù queste righe, mi sono imbattuta in una curiosa notizia. L'attrice Valentina Cortese, oggi ultranovantenne, ha pubblicato qualche anno fa una biografia che ha avuto un discreto successo: ''Quanti sono i domani passati''. Vi racconta che, al suo rientro dall'avventura hollywoodiana, l'amico Federico Fellini offrì al marito (l'attore Richard Basehart) la parte del Matto nel film La Strada. Era il 1954. 

R. Bavehart e G. Masina ne La Strada, 1954
 Valentina ne fu felice, ma certamente non si aspettava ciò che successe poco dopo: il marito la tradì con Giulietta Masina, e non fu una semplice avventura, continuarono ad incontrarsi per anni, non si sa se all'insaputa di Federico, o meno. Valentina peraltro, divorziò poco dopo.

R. Bavehart e G. Masina nel film di Fellini Il Bidone, 1955


Sempre loro, al ristorante

Vero o falso? e come inserire questa notizia nel discorso fatto poco più su? Boh...non lo so davvero. Ma devo dire che Anna Giovannini ( la compagna ''parallela'' di Fellini per trentasei anni) raccontò in un'intervista che la sua relazione col Maestro era iniziata quando il regista era stato colto da una grave depressione mentre girava La Strada, depressione che quasi gli impedì di terminare il film. In quell'occasione lei gli era stata di grande aiuto e si erano innamorati. Ora si potrebbe fare due più due e guardare le cose sotto una nuova luce, che spiegherebbe anche il silenzio compiacente di Giulietta...

FINE 

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domenica 26 luglio 2015





I GIOCHI-OMAGGIO DEGLI ANNI '60


La nostra stagione balneare da bambini non durava meno di tre mesi. Eravamo bambini fortunati: avevamo giochi bellissimi. A parte i soliti secchielli, formine ecc, abbiamo avuto materassini, una canoa gonfiabile, un battellino con la pagaia e, lusso incommensurabile, un bellissimo pedalò, regalo di uno zio. Però non abbiamo mai posseduto quei giochi che si ottenevano con le raccolte punti, che vedevamo solo da lontano, sotto altri ombrelloni, in mano agli altri bambini. Forse in casa non ci si affezionava mai ad una marca particolare, fatto sta che le raccolte punti non si facevano.  Erano gli anni '60, e ricordo curiosi personaggi conosciuti in televisione e rivisti in spiaggia.




Prima di tutto la mucca Carolina, testimonial della Invernizzi negli sketch di Carosello per i formaggini Milione, in diverse versioni gonfiabili; poi Susanna Tutta Panna che fu dapprima testimonial degli stessi formaggini (concludeva i suoi discorsi con: Pitipitùm...pahh...), finchè non uscirono dei formaggini nuovi che portavano il suo nome. 

 




A proposito del nome, questo era stato preso pari pari da un film di successo di qualche anno prima (chissà come funzionava all'epoca il copyright).


 Con una strategia di marketing all'americana sulle spiagge della Versilia o della riviera romagnola, gli elicotteri di Invernizzi lanciarono migliaia di mucche Caroline o bambole Susanna già gonfiate per la gioia dei fortunati bambini che stavano lì al mare. Così invogliarono la raccolta dei punti.

















Sempre in quegli anni si vedeva in spiaggia Ercolino Sempre in Piedi. Con i punti Galbani si poteva vincere questo misirizzi. Riempendo la base d'acqua restava sempre in equilibrio. Aveva le sembianze di Paolo Panelli che all'epoca era testimonial della Galbani nei caroselli. Grazie alla sua precipua caratteristica, il suo nome passò poi a designare negli anni successivi un'altra cosa che non sto a raccontare.



Questo è un altro giocattolo che si vedeva spesso. Al mare c'era la versione di plastica gonfiabile, ma veniva fabbricato anche in altri materiali, in genere con braccia snodate all'altezza della spalla. La versione meccanica a corda muoveva le braccia in su e in giù come a suonare un tam tam. Aveva un nome tipo Ciao-Ciao, ma non ricordo bene. Fra l'altro, ho tardato molto a trovarlo sul web, perchè son stata politicamente scorretta. Cercavo cose tipo ''pupazzo negro'' e simili. Non l'ho trovato finchè non ho digitato ''bambolotto moretto''. (ancora mi incavolo quando penso che qualche cretino negli anni '80 ha modificato il senso della parola italiana ''negro'', dandogli connotazioni dispregiative e strombazzandolo in tv: una modifica del tutto artificiosa usata per montare gli animi di chi, non conoscendo bene la nostra lingua, potesse in questo modo sentirsi offeso anche quando così non era). Comunque, era un giocattolo che si otteneva con l'acquisto reiterato delle caramelle ''Nougatine'' Venchi, che erano squisite, ricoperte di cioccolato con ripieno croccante, e penso si trovino ancora.


Frequente era il pallone della crema Nivea. Non credo che si raccogliessero punti. A parte la distribuzione pubblicitaria gratuita nelle spiagge più famose, probabilmente veniva regalato dai negozianti ai clienti affezionati.



 Vi erano molti altri giochini che si trovavano direttamente nelle confezioni, senza bisogno di raccogliere alcunchè. E questi ovviamente li avevamo anche noi. Molto amate erano le figurine che si muovevano. Stavano dentro le confezioni del formaggino Mio della Locatelli (oggi è un marchio Nestlé). 



Bisognava tenerle fra due dita e farle inclinare in avanti e all'indietro secondo un asse orizzontale: grazie alla plastica zigrinata che ricopriva il disegno, se ne vedeva una parte o un'altra a seconda dell'inclinazione, e si aveva l'illusione del movimento. Mostro qui sotto alcune foto che ho trovato sul web, scattate nel momento in cui l'immagine sta cambiando, sicchè si intuisce benissimo il meccanismo. 









 










  Sul retro c'era sempre una didascalia.
Un paio di serie furono disegnate da Jacovitti: 



 











Le ricordavo con una certa nostalgia. Rivederle è stato davvero deludente: le ho trovate bruttarelle, tristi addirittura. Mah...santa ingenuità degli innocenti!


FINE



lunedì 20 luglio 2015



MASCHIO E FEMMINA DIO LI CREO'

Tiziano


A chi crede in un Dio Creatore apparirà evidente come egli ami la varietà, la molteplicità, e come abbia creato un mondo in perenne movimento e mutazione, dove ogni cosa è diversa dall'altra, e dove nulla rimane uguale a se stesso. I grandi Patriarchi, ossia coloro i quali ci hanno lasciato le Scritture, per forza di cose non erano informatissimi, non avevano certo studiato genetica, e non conoscevano i cromosomi. Perciò riassunsero la creazione del genere umano con un semplicistico ''maschio e femmina Dio li creò'' (Gen, 1-27). Ma non andò proprio così: l'estrema molteplicità della creazione si esplicitò anche fra gli esseri umani.




 Dio li creò maschio (con cromosomi sessuali XY), femmina (con cromosomi sessuali XX), e poi fece nascere individui con corredi cromosomici tra i più vari: XXX, XXY, XYY, XXXY, XYYY, XXXYYY, X, e chi più ne ha più ne metta, il Creatore si è sbizzarrito. 
Per non parlare di tanti altri casi in cui il corredo cromosomico risulta essere normale (per es. XY) ma per qualche ragione la X è insensibile in misura variabile agli androgeni prodotti dall'organismo. Allora avremo delle condizioni di intersessualità, con contraddizioni tra aspetto fisico e organi sessuali, tra corredo cromosomico e caratteri sessuali secondari, un'infinita gamma di possibilità. Alla nascita di questi soggetti, si sceglie se allevarli come maschi o come femmine, a seconda di ciò che sembra prevalere. Ma le cose crescendo si possono modificare parecchio, e la scelta iniziale può rivelarsi arbitraria e inadeguata, tanto che l'individuo può ad un dato momento rifiutarla e decidere di ribaltare la situazione.
Tornando alla varietà del Creato, anche i sentimenti personali sono molteplici e mutevoli. Ciascun individuo, a prescindere dai suoi cromosomi, sembra avere esigenze diverse e imprevedibili, risultanti dalle interazioni tra psicologia, biologia, cultura e società.


Sempre prescindendo dai cromosomi, si hanno perciò esseri umani che si sentono maschi, che si sentono femmine, che si sentono e basta, che amano i maschi, che amano le femmine, che amano tout court.

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La società richiede che il maschio abbia comportamenti percepiti come mascolini e la femmina comportamenti percepiti come femminili, e così anche per l'apparenza fisica, i gesti, la personalità. I comportamenti vengono ''tipicizzati'' per genere, e la società ne definisce i criteri di appropriatezza. 



Ma non tutti sono disposti ad adeguarsi ai concetti diffusi di virilità e femminilità. Non tutti hanno la necessità, il desiderio o l'istinto di mostrare al mondo la loro appartenenza ad un genere o ad un altro, soprattutto non ad un genere che altri hanno scelto per loro.
Spesso ci si arroga il diritto di considerare inappropriati i comportamenti che deviano dallo stereotipo precostituito maschio/femmina; peggio ancora, molti hanno la pretesa di scegliere per conto degli altri quali gusti e preferenze sessuali sia giusto che abbiano. Come se gli altri potessero decidere per me se è cosa giusta che mi piaccia o meno la pastasciutta, mentre il mio orientamento gastronomico è e deve restare libero, nè più nè meno come quello sessuale.
Per schematizzare e concludere, riporto dalla rivista Nature (una delle più prestigiose della comunità scientifica internazionale) che la sessualità umana è costituita da 4 elementi:
-Il sesso biologico
-Il genere (gender) o orientamento sessuale, che può essere vario: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, transgender, intergender ecc. ecc. 
-L'identità di genere, cioè il sesso a cui il singolo ''sente'' di appartenere
-Il ruolo di genere, ossia il ruolo che occupa nella famiglia e nella società
Ricordando sempre le caratteristiche del nostro mondo (molteplicità e variabilità), è sempre possibile il passaggio psicologico o fisico da un genere ad un altro.
Qui sotto, dalla medesima rivista è tratto lo schema dello spettro sessuale, che mostra ai due estremi il caso dei sessi più conosciuti (il maschio e la femmina), e fra questi le varie sfumature, ovviamente limitandosi solo a quelle di tipo biologico.

Fate click sull'immagine per ingrandire

mercoledì 15 luglio 2015






DORMIRE INSIEME : GIOIE E DOLORI



Marito e moglie in genere dormono insieme. Ma non dappertutto, e non da sempre.
Nei secoli passati, solo fra gli strati più bassi della popolazione marito e moglie dormivano nello stesso letto (magari anche col resto della famiglia), ma fra i nobili e fra la borghesia l'uso più frequente era avere camere separate. 



Se la casa era molto piccola si preferivano due anguste stanzette piuttosto che una più grande ma in comune. Era invece frequente che i figli dello stesso sesso dormissero insieme in un solo letto.



Tra il '600 e l'800 la sistemazione ideale per i padroni di casa era quella di avere due camere separate da un salottino, e con questo comunicanti, in maniera che il marito potesse raggiungere la stanza della moglie senza dover uscire nel corridoio, dove poteva incontrare domestici o parenti, facendo sapere a tutti cosa stava succedendo. Ho parlato di marito che raggiungeva la moglie: non accadeva mai il contrario. Nessuna moglie onesta e virtuosa avrebbe mai manifestato il suo appettito sessuale (posto che, con l'educazione ricevuta, fosse in condizioni di provarne).
Dopo essersi intrattenuto presso la moglie, il padrone di casa levava il disturbo e tornava nel proprio letto a dormire.

Camera da letto di Giuseppina Bonaparte

Letto di Napoleone

Tanto più si saliva nella scala sociale, tanto più le cose si facevano difficili: nei grandi palazzi poteva avvenire che i coniugi abitassero in ali separate. C'erano gli appartamenti della signora e quelli del signore, roba da far passare la fantasia strada facendo.
Nelle case reali le cose sono rimaste simili ancora oggi. Per esempio, nella monarchia inglese i primi ad avere una camera matrimoniale sono stati William e Kate. Nè Elisabetta con Filippo, nè Carlo con Diana hanno mai avuto una camera comune dove dormire insieme.
Negli acquarelli di Carl Larsson, che descrivono una casa e una famiglia felici e un matrimonio affettuoso e affiatato, la ''Casa del sole'' ci viene mostrata di stanza in stanza in ogni amato particolare. Scopriamo così che, nella Svezia dell'ultimo '800, Carl ha la sua stanza, che si apre sulla camera delle bambine.
 
Il pittore si intravede oltre il letto, mentre si rade.

 Ed è con le bambine che dorme la moglie Karin (il suo letto è il primo che si intravede sulla destra, separato dal resto della stanza grazie ad una tenda a strisce) sistemazione che peraltro non impedì alla coppia di avere sette figli.


Napoleone, nei primi tempi del suo matrimonio con Maria Luisa d'Austria, si vantava con gli amici di dormire insieme a lei. Era una maniera di spiegare quanto ne fosse soddisfatto sessualmente.
Questa era un'abitudine relativamente diffusa nei paesi mediterranei, ma non a nord (salvo, come già detto, fra i ceti più poveri) e denotava una differenza di approccio verso il sesso molto marcata. Più si scendeva nella scala sociale, o di latitudine, più i piaceri carnali venivano considerati naturali. Più si saliva e più imperavano il perbenismo e la pruderie. Se nel '700 la mentalità era stata abbastanza liberale, nell'800 la regina Vittoria influenzò usi e costumi a livello mondiale. Anche trovar piacere nell'ambito del matrimonio era da condannare come comportamento lussurioso.
All'inizio del '900 le cose per la classe media cambiarono. I grandi palazzi furono ristrutturati, divisi in appartamenti, e venduti o affittati. Gli spazi abitativi si ridussero e divenne normale per i coniugi condividere la camera da letto. Il lettone da allora è sempre stato fonte di soddisfazioni e/o fastidi. Probabilmente si deve ad esso la definizione terribile e imbarazzante che Guy de Maupassant diede del matrimonio: ''Di giorno cattivi umori, di notte cattivi odori''.


Tuttavia è oggi il simbolo dell'amore (coniugale) e frequentemente anche un luogo di riappacificazione dopo i conflitti di coppia. Si dice comunemente che dormire isieme sia più intimo che fare l'amore, e forse è vero. Ma molte coppie vorrebbero dormire separate. Avendo spazio a disposizione, questo è talvolta possibile ma, qualora si prendesse questa decisione (magari per non avere il sonno disturbato dal russare dell'altro) bisogna tenere conto di alcuni problemi psicologici che potrebbero sorgere. Chi opta per questa scelta spesso pensa che sarà seducente, e anche romantico, presentarsi nella camera del coniuge per chiedergli/le di fare l'amore. In realtà la situazione può farsi difficile: ricevere un rifiuto è un'eventualità possibile e piuttosto denarcisizzante. Quando si dorme insieme è probabile che si collezionino ugualmente dei rifiuti, ma questi sono più soft. Per esempio, uno dei due allunga il piede fino a toccare l'altro, tanto per saggiare il terreno. L'altro, anzichè girarsi sorridendo verso il proprietario del piede, si limita a scostare il suo. E' pur sempre un rifiuto, ma l'orgoglio è salvo: si tratta solo di avergli urtato il piede, magari per sbaglio... Ugualmente se si allunga una mano, o si fa una carezza, e l'altro non reagisce: il messaggio è chiaro, ma non umiliante. 
Altro è prepararsi, bussare, presentarsi in tenuta sexy, e sentirsi dire: 'No, stanotte no, ho sonno...'' e dover ritornare nella propria camera con la coda fra le gambe. La volta dopo si avrà il timore di ripetere l'esperienza. Ecco perchè, con le camere separate i rapporti sessuali tendono a diradarsi.
Insomma, non v'è dubbio che si dorma meglio da soli, ma si rischia l'armonia di coppia.

venerdì 3 luglio 2015





AL CHIAR DI LUNA



Mi vergogno ad ammetterlo ma, in sessant'anni di vita (rigorosamente cittadina) non ricordo di aver mai visto prima di ieri sera, un solo chiaro di luna. Vuoi perchè in città vi è un perenne inquinamento luminoso, vuoi perchè le mie (poche) notti passate in campagna non coincidevano con un plenilunio, per me il chiaro di luna restava solo un topos poetico e astratto. Invece ieri, con luna piena e cielo pulitissimo, ho fatto una passeggiata con dolce arrampicata iniziale, sulla Sella del Diavolo.
Questo piccolo promontorio fa da sfondo alla spiaggia cagliaritana più nota, quella del Poetto. Ha una forma caratteristica riguardo alla quale vi è una leggenda, che riporto qui sotto.

 
Si dice che i diavoli, capeggiati da Lucifero, rimasero impressionati dalla bellezza del golfo di Cagliari e tentarono di impadronirsene. Dio allora mandò le sue milizie al comando dell'arcangelo Michele. Durante la battaglia, combattuta nei cieli sovrastanti il golfo, Lucifero fu disarcionato dal cavallo e perse la sua sella che andò a schiantarsi sul promontorio, dandogli la sua caratteristica forma. Per contro il golfo prese il nome dei vincitori: Golfo degli Angeli.

Tornando al chiar di luna, era eccezionale, luminoso, incantato: una visibilità come all'imbrunire, ma dai toni di colore freddi anzichè caldi, ombre nette, nessuna necessità di usare la torcia elettrica, portata per prudenza ma rimasta in borsa nonostante il terreno accidentato. Un'altra cosa portata per la stessa ragione (la prudenza, intendo): uno scialle. E credetemi, molto più superfluo della torcia. Ho sudato come in una sauna.
Purtroppo non eravamo atrezzati per le foto. Anzittutto ci sarebbe voluto un treppiedi, poi avrei dovuto impostare la macchina per le foto in notturna (operazione che sembra semplice, ma che per un'incapace come me sarebbe stata difficoltosa anche in piena luce, figuriamoci lassù). Le foto lasciano dunque molto a desiderare.





 Il panorama era splendidissimo. Lo strapiombo al quale ci siamo affacciati consentiva la vista delle luci riflesse sulle acque del porto a sinistra, la città illuminata, lo stagno di Molentargius, le saline, la zona con gli stabilimenti balneari, il golfo con il porticciolo di Marina Piccola sottostante, e infine, all'estrema destra, il mare e una luna enorme.
Insomma, una location mozzafiato e romantica? Be', non proprio... Nonostante fosse un giorno infrasettimanale ed un'ora molto tarda, pareva d'essere in una via commerciale in periodo di saldi. Gruppi di persone, adulti e ragazzi, chiassosi e giulivi, tutti armati di luci di una qualche sorta, chi intorno a qualche tavolo in una piccola area attrezzata in cima al promontorio, chi in giro con pile attaccate in fronte, chi con macchine fotografiche a osservare il panorama, altri seduti in circolo per terra come nei vecchi anni '70 (però senza chitarra e senza canzoni), insomma, un chiasso e una compagnia abbondantissima in un luogo che quindici anni fa era chiuso, inaccessibile e sconosciuto ai più (era zona militare).
Nel complesso comunque una bellissima passeggiata che mi pare superfluo consigliare. Nel senso che è chiaramente diventata di gran moda in città, e questa frequentazione proseguirà di certo almeno per tutta l'estate e anche durante il nostro caldo autunno.


Su segnalazione di un amico, aggiungo che sono ben visibili nella foto qui sopra i due pianeti Venere e Giove, che in questi giorni di inizio luglio si trovano in fortunata congiunzione.