giovedì 2 ottobre 2014





ABELARDO ED ELOISA
UN AMORE IMPOSSIBILE



Con un passato di studente contestatore e turbolento, il bretone Pietro Abelardo diviene un insegnante famoso e stimatissimo, intorno al 1110. Divenuto chierico fonda a Parigi una scuola dove insegna logica, filosofia, retorica e teologia.





Eloisa è una ragazza molto bella, nata nell'Ile de la Cité, a Parigi, quando questa conta circa 20.000 abitanti. Caso molto raro, i genitori decidono di farla studiare. Viene allora affidata allo zio materno, il canonico di Notre Dame Fulberto, che la manda nel monastero di Argenteuil. Qui la giovane dimostra il suo impegno e le grandi capacità. Studia le cosidette arti liberali, ossia grammatica, retorica, astronomia, latino, greco, ebraico e quant'altro fino a diventare, pur giovanissima, estremamente erudita. Lo zio Fulberto, allora, decide che ancora più efficace sarà per la nipote, ottenere delle lezioni private dal più brillante insegnante di Parigi, Pietro Abelardo.
Così nel 1116 il trentasettenne Abelardo conosce la colta, bella, dolce e sensuale diciasettenne Eloisa. Il fascino di lui è innegabile: è il più famoso filosofo dei suoi tempi, è bello, ammirato, è un chierico (e si sa che la tonaca dà in più quel tocco di trasgressione), ha un eloquio e una facilità di rima che non lasciano certo indifferente la bella adolescente.
Ed è proprio Abelardo che chiede a Fulberto di ospitarlo a pensione in casa sua, perchè sia più facile dare le lezioni all'allieva. Il canonico, con santa ingenuità accetta volentieri. Inoltre avere come ospite un erudito di cotanta fama non può che aumentare il suo prestigio.


 
Edmund Blair Leighton
 
Le lezioni hanno inizio, e la forsennata passione scoppia nello stesso momento.
«Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all'amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d'amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri... il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell'amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci», scriverà in seguito lui.


 






A quanto pare, nonostante l'educazione in convento, la giovane è un frutto maturo e succoso, che non vede l'ora di essere colto. L'amore di Eloisa è sconfinato, erotico, ma carico d'ammirazione, di dedizione assoluta. L'amore di Pietro è una passione sensuale, arricchita, certo, dal fatto che la mente di lei è all'altezza di quella di lui, ma è l'amore carnale a prevalere. Lui compone struggenti poesie d'amore, così belle che si diffondono fra i suoi studenti, e in tutta Parigi. E tutta Parigi comincia a sospettare.



Un giorno lo zio Fulberto entra senza bussare nella stanza dove si svolge la lezione, e quel che vede gli apre gli occhi circa ciò che tutti già sanno. Scaccia immediatamente Abelardo dalla sua casa. Ma la passione fra i due è inarginabile. 



 
Continuano a vedersi, tra mille sotterfugi, finchè Eloisa si trova in attesa di un bambino. A questo punto Abelardo la rapisce e la porta in Bretagna, nella casa di famiglia. Qui Eloisa dà alla luce un figlio, che viene chiamato Astrolabio, ossia Rapitore, come il padre, ma di Stelle. 
Abelardo è un uomo pieno di sè, soddisfatto della sua fama e della sua gloria; è egocentrico, ma non cattivo. Perciò decide di rimediare in qualche modo. Propone a Fulberto di sposare la nipote, ma in segreto, affinchè la sua carriera e la sua fama non debbano risentirne (egli è pur sempre un chierico). 
Ma Eloisa si dichiara (anacronisticamente) contraria al matrimonio. E non è un segno di  indipendenza o di larghe vedute; al contrario, è la dimostrazione di quanto sia totalizzante, annientante, l'amore che lei porta ad Abelardo: «quante lacrime verserebbero coloro che amano la filosofia a causa del matrimonio... cos'hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi? I ricchi possono sopportare queste cose perché hanno palazzi e case con ampie stanze appartate, perché la loro ricchezza non risente delle spese e non è afflitta dai problemi quotidiani». 
 
Lo zio canonico però, è furente per la vergogna e favorevole, a denti stretti, al matrimonio, che celebra lui stesso. Dopo, anzichè mantenere il segreto, la famiglia di Eloisa diffonde la novella ai quattro venti. La coppia nega, si infuria, infine, per far scemare lo scandalo tanto temuto, Abelardo porta la moglie nel convento di Argenteuil, dove era stata educata, e lì la fa nascondere.


Angelica Kauffman












 






La famiglia di lei a questo punto equivoca. Fulberto e gli altri si convincono che Abelardo abbia costretto Eloisa a farsi monaca per liberarsi di lei, e giurano di vendicarsi.
Una notte, mentre Abelardo dorme in casa sua, tre uomini entrano, lo aggrediscono nel sonno e lo evirano. In seguito due di essi verranno catturati e puniti secondo la legge del taglione, mentre il mandante canonico Fulberto verrà sospeso ''a divinis''.
I due amanti non si vedranno più, e rimarrà loro solamente il legame epistolare. Alla disperata Eloisa, che sarebbe più che disponibile, per il grande amore che gli porta, a proseguire la loro vita di coppia (pur con le necessarie modifiche conseguenti alla castrazione), fermamente Abelardo consiglia la clausura. Eloisa accetta («Subito, al tuo ordine, mutai sia la mia vita che la mia anima. Così ho mostrato che eri l’unico padrone sia del mio corpo che del mio spirito») come se obbedendogli potesse sentirsi più vicina a lui. Il quale, invece prosegue la sua vita di ecclesiastico e accademico di fama.







L'epistolario fra i due ex amanti è abbondante, e molte di queste lettere son giunte fino a noi. Eloisa, pur guadagnandosi la fama di monaca, e poi badessa, integerrima e morigerata, continua a dichiararsi innamorata come non mai, ma tuttavia recrimina: «Dimmi [...] perchè, dopo la nostra conversione, che solo tu decidesti, mi hai trascurata e dimenticata al punto che non ho più avuto il sostegno né dei tuoi colloqui, se mi eri vicino, né di una tua lettera, se eri lontano. Dimmelo, ti prego, se puoi, o io dirò ciò che penso, o meglio, che tutti sospettano. E cioè che fu la concupiscenza a legarti a me e non l’amicizia, fu il desiderio sensuale e non l’amore. Quando dunque cessò il tuo desiderio, svanì anche tutto ciò che mostravi per poterlo soddisfare». Poi continua a ricordare i trascorsi ardori: «Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene (...) Quei piaceri d'amor che abbiamo gustato insieme sono stati così dolci per me, che non posso pentirmene (...) Da qualunque parte mi volga mi sono sempre davanti agli occhi con tutta la forza della loro attrazione. Anche quando dormo (...) perfino nei momenti solenni della messa mi abbandono più a queste turpitudini che alla preghiera...»
Lui le risponde da un'altra dimensione, sembra, o finge, di non comprendere a pieno, ed è facile immaginare quante lacrime queste sue risposte possono suscitare: «Per me, l'amore che ci avviluppava nelle catene del peccato, era soltanto concupiscenza, e non merita il nome di amore. Tutto ciò che amavo era soddisfare su di te la mia miserabile passione (...) Gesù ha sofferto per te, per la tua salvezza. Gesù le cui sofferenze guariscono ogni malattia, cancellano ogni dolore (...) volgi a Lui, te ne scongiuro, tutta la tua comprensione...» 
Ciò che rattrista veramente in questo bell'epistolario, è vedere come lei ancora sia innamorata, mentre lui pare aver esaurito ed escluso questo aspetto dopo la castrazione. Lei non sembra capire le implicazioni fisiologiche della cosa, o sembra convinta che, se il suo amore fosse stato vero e completo come il suo, l'impedimento fisico non avrebbe dovuto impedire la loro vita in comune.
Quando le suore di Argenteuil vengono ''sfrattate'', Pietro Abelardo fa dono del Paraclito, un eremo che egli stesso aveva costruito per sè, e che cede alle sue ''sorelle in Cristo''. Secondo alcuni fu durante questo periodo che la coppia si rivide almeno una volta.

Vittorio Callegari: Abelardo ed Eloisa Al Paraclito

Nel 1142, all'età di 63 anni Abelardo muore a Cluny. Come da lui stesso richiesto, anche se in un primo tempo è sepolto vicino a Cluny, viene poi traslato al Paraclito, dove è badessa Eloisa. Ella lo raggiunge nello stesso loculo 22 anni dopo. 
I resti dei due amanti subiscono diverse vicissitudini, ma dal 1817 riposano vicini in una tomba al Père Lachaise.



FINE

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