LE SETTE CITTA' DI CIBOLA
La ''Cerca'' di Cibola nacque intorno al 1150, quando gli Arabi
conquistarono la città di Merida in Extremadura, in Spagna. La leggenda
racconta piuttosto esplicitamente che i sette vescovi della città, per
non cadere in mani infedeli, organizzarono una carovana trasportante oro
e oggetti preziosi e da Merida raggiunsero il mare, probabilmente la
costa atlantica del Portogallo.
Da qui partirono verso Occidente, a bordo di alcune navi, portando
con sé le ricchezze e i cittadini di Merida che non vollero arrendersi.
Quando tre secoli e mezzo dopo Colombo aprì la via per le Americhe, il
ricordo di quella fuga era ancora chiaro nella memoria collettiva
spagnola e fin dall'arrivo nei Caraibi fu inviata una spedizione per
trovare le sette colonie cristiane che si dice i vescovi fondarono:
oltre alla celebre Cibola, anche Aira, Anhuib, Ansalli, Ansesseli,
Ansodi, Ansolli e Con.
Queste sette città si dice furono edificate con l'oro ad Antilia, isola
delle ricchezze e della beatitudine da molti confusa con Cuba. Fu qui
che iniziarono le ricerche. Da qui si passò alla Florida. Pánfilo de Narváez fu nominato Governatore della Florida dal viceré spagnolo Antonio de Mendoza, ma si trattava di una nomina solo di facciata, in quanto la Florida ai tempi era una terra paludosa e popolata da Nativi ostili. Questa spedizione fallì miseramente: delle cinque navi iniziali due
naufragarono causando la morte di tutto l'equipaggio e dei settecento
uomini rimanenti del contingente, metà disertarono appena dopo lo
sbarco.
I
superstiti, accertato che non vi era tracca di città d'oro in Florida,
puntarono verso il Golfo del Messico attraverso zattere improvvisate che
naufragarono anch'esse. Stupidamente, invece di puntare verso la vicina
Cuba, decisero di percorrere le paludi dell'Alabama e i deserti del
Texas... Alla fine di una marcia delirante quasi decennale, degna solo
della follia dei Conquistadores, si
salvarono in quattro: Álvar Núñez Cabeza de Vaca, Alonso del Castillo
Maldonado, Andrés Dorantes de Carranza e uno schiavo berbero di nome
Estebanico, conosciuto in Italia come Stefano il Nero.
Quest'ultimo è la figura più incredibile di questa vicenda, un
personaggio degno di un romanzo: si trattava infatti di uno schiavo
berbero originario del Marocco comprato dal un nobile spagnolo Andrés
Dorantes de Carranza e divenutone poi amico, al punto da portarlo in
America come collaboratore e guardaspalla. Carranza infatti era un uomo
colto e amante dell'arte e accanto alla brama di ricchezza aveva il
desiderio di scoprire nuove terre e civiltà. Perciò insegnò tutto quello
che poteva al fido Estebanico, che ricambiò il favore salvando la vita
all'amico-padrone in più di una circostanza. Fu grazie all'arte della
sopravvivenza dell'ex-schiavo berbero se i quattro di cui sopra
poterono raggiungere, in otto assurdi anni, la regione della Nuova
Spagna in Messico.
Alvaro
Cabeza de Vaca, che di professione era medico e naturalista, descrisse
il tremendo viaggio attraverso il sud dei futuri Stati Uniti in un libro
intitolato "Naufragio", che fece molto scalpore sia in Europa che nel
Nuovo Mondo.
I quattro uomini infatti, non potendo saccheggiare o
depredare, furono obbligati a instaurare relazioni amichevoli con i
Nativi: e da queste relazioni diplomatiche appresero che effettivamente,
a ovest del Colorado, esisteva un luogo lastricato d'oro e costruito da
una popolazione indigena strana e non affine agli indigeni.
La
notizia di questo resoconto giunse alle orecchie della corte imperiale e
il Governatore della Nuova Galizia messicana, Francisco Vázquez de
Coronado, fu incaricato nel 1539 di inviare una spedizione alla ricerca
di queste fantomatiche città di Cibola.
Preliminarmente Coronado, che aveva fama di essere un duro, freddo e
spietato, inviò proprio l'uomo che più di tutti era stato il
protagonista della fallita spedizione di dieci anni prima, Estebanico;
assieme a lui mandò un frate francescano apprezzato e seguito, Marcos de
Niza (Marco di Nizza), che aveva partecipato alla conquista del Perù
con Francisco Pizarro e che dopo il libro di Cabeza de Vaca era stato
mandato dal vicerè Mendoza alla ricerca solitaria di Cibola dalle parti
dell'attuale Arizona, nei territori dei villaggi popolati dai Nativi
Zuni e Hopi.
Marcos de Niza aveva trovato anch'egli tracce di Cibola nei racconti, perciò non ci fu coppia migliore per svelare questo mistero.
Marcos de Niza aveva trovato anch'egli tracce di Cibola nei racconti, perciò non ci fu coppia migliore per svelare questo mistero.
Tuttavia fu il frate a tornare, un anno più tardi, solo.
Raccontò di essere stato effettivamente a Cibola con Estebanico, ma che
questo era stato ucciso dai Nativi ostili: non aveva potuto entrare in
città, ma l'aveva osservata dall'alto, in quanto anche la sua vita era
stata messa in pericolo. Disse che Cibola si trovava a cinque leghe dal
mare e dalla collina su cui si era appostato era possibile vedere, verso
ovest, l'Oceano Pacifico. Si trattava di una città reale, una città in
cui tutto era coperto d'oro: i tetti, le scale dei palazzi, fino alla
pavimentazione delle strade. Ovunque c'era ricchezza e opulenza.
Consapevole dell'importanza di questi resoconti, pur lacunosi, il Vicerè convinse Coronado a partire egli stesso per una spedizione di conquista. Il Governatore organizzò una missione militare in piena regola: 335 soldati spagnoli, 1300 nativi, quattro frati francescani tra cui Marcos de Niza e un imprecisato numero di schiavi di colore lasciò il Messico per dirigersi verso il Deserto di Sonora.
Questo esercito
entrò nel territorio degli attuali Stati Uniti nella zona sotto il
controllo dei Nativi Apache, in Arizona.
Raggiunta
l'area popolata dagli Hopi, nei pressi del fiume Colorado, e vedendone i
poveri villaggi fatti di fango e paglia, i soldati ebbero un moto di
rivolta.
Nella foto a fianco: un villaggio Hopi del nostro tempo, di poco mutato rispetto al 1500.
L'incontro
con gli sciamani Hopi scioccò non poco i conquistadores di Coronado,
che li ritenettero fantasmi. Tuttavia nemmeno gli Hopi possedevano oro o
altri preziosi.
La
sensazione che le cose non stessero come le aveva raccontate il frate
Marco de Niza era generalizzata e si tentò persino di ucciderlo,
minacciando la diserzione se de Niza non fosse stato punito per la sua
incompetenza. Coronado non poteva certo far giustiziare un uomo tanto
importante e lo rimandò in Messico, sia pure con infamia. Tuttavia per
quanto bugiardo e forse assassino,
Marcos de Niza aveva descritto Cibola come a poca distanza dall'Oceano
Pacifico: non si comprende perché un capitano in teoria determinato ed
esperto come Coronado sia andato a Est e non a Ovest come invece
suggeritogli dal racconto del frate. Fatto sta che la spedizione
incrociò a Oriente verso il Rio Grande, cioè verso gli attuali stati di
Nuovo Messico, Texas, Oklahoma e Kansas e che alla fine Coronado si sia
impantanato in una guerra di conquista di territori poveri e desolati,
ricchi solo di erba e bisonti. Non servirono a nulla la violenza, i
massacri, le torture che i suoi soldati inflissero alle popolazioni
indigene: se una cosa non esiste, non può essere confessata.
La mappa mostra chiaramente l'assurdo viaggio di
Coronado. Da notare che, stando alle descrizioni, Cibola dovrebbe essere
situata a venti km dall'Oceano Pacifico!
Nel 1542 Coronado fu richiamato in Messico. Il suo esercito si era frammentato in una miriade di guarnigioni, decimato da fame, malattie, imboscate e una guerriglia continua, perché era impensabile mantenere in quei territori desertici un manipolo di soldati tanto grande da non poter essere sfamato dalle risorse naturali. Il mancato ritrovamento di Cibola lo fece andare su un'altra città miticamente ricca, Quivera, nei territori degli indiani Pueblo: ma anche in questo caso le leggende non ebbero riscontri. Così Coronado, in totale miseria, tornò alla sua poltrona di Governatore in Messico, ma era un uomo distrutto nel morale e nella reputazione. Con lui e con il fallimento della spedizione si spensero per un po' le luci su Cibola e le altre sei favolose città, mentre la "nuova" Quivera fu cercata a lungo fino agli albori del XVII Secolo.
Che pensare oggi di queste mitiche città d'oro? Sinceramente, il racconto del frate Marco de Niza appare lacunoso e senza la controtestimonianza di Estebanico risulta non attendibile. Del resto, a quanto pare nessuno ha cercato per davvero Cibola fino a tempi recenti, ma certo la sua vicinanza all'oceano (cinque leghe spagnole erano corrispondenti a 21 km) avrebbe attirato l'attenzione di qualcuno, se fosse stata ricoperta d'oro… Se mai Estebanico e Marcos de Niza sono andati a Cibola, questa deve essere forzatamente nell'area a ovest della Baja California, in un territorio messicano poco urbanizzato e cartografato.
Fonte: http://www.satorws.com/sette-citta-cibola.htm
Carl Barks disegnò per Walt Disney una bellissima storia sulle sette città di Cibola, di cui allego qualche tavola.
Carl Barks disegnò per Walt Disney una bellissima storia sulle sette città di Cibola, di cui allego qualche tavola.