lunedì 17 agosto 2015



UN ELEGANTE DESSERT ALL'ANANAS






L'altro ieri era il mio onomastico, e per festeggiarmi mi sono dedicata un dessert freschissimo e ricco, che non avrei dovuto mangiare, ma che ho mangiato lo stesso. 
Dalla cena con gli amici mi era avanzato un ananas (era destinato all'insalata di pollo e zenzero, ma poi ho cambiato idea), e ho deciso di partire da lì: un budino un po' elegante al gusto dei tropici.
 Ho preparato un litro circa di crema pasticcera (la ricetta la trovate dappertutto). Però, a metà del latte ho sostituito la panna da cucina. Inoltre ho aumentato la dose della farina e ho ottenuto una crema molto densa. L'ho aromatizzata con vaniglia e cannella.
 Appena pronta e ancora molto calda, vi ho sciolto dentro due tavolette di cioccolato bianco.
 Mentre raffreddava, ho pulito l'ananas e l'ho tagliato a dadini. L'ho fatto cuocere in un tegame con un po' d'acqua, un bicchierino di liquore (brandy o curaçao) e due cucchiai di zucchero. (Potete evitare questo passaggio usando dell'ananas in barattolo. In nessun caso potete usare ananas crudo: essendo ricco di enzimi proteolitici ''digerirebbe'' la gelatina alimentare impedendole di solidificare.)
 Dopo 5' di bollore ho spento, e ho subito aggiunto sei fogli di gelatina alimentare già ammollati in acqua fredda. Ho fatto sciogliere bene. 
Ho lasciato intiepidire e l'ho aggiunto alla crema, mescolando bene.
Ho foderato un tegame ovale con carta da forno inumidita, vi ho versato il composto e ho lasciato rassodare in frigo per diverse ore.
Infine ho preparato una salsa al caramello: ho fatto caramellare lo zucchero e l'ho diluito con poco liquore e poca acqua. 
Ho sformato il dolce staccando delicatamente la carta, ho guarnito con canditi (ma avrei potuto usare frutta fresca), e l'ho innaffiato con la salsa.
Le dosi sono sufficienti per una dozzina di persone, e devo dire che ne sono oltremodo soddisfatta.




 FINE

Trovate qui altre ricette di dolci: 
 

martedì 11 agosto 2015




MONET, PITTORE DI LUCE




Monet cercò di perfezionare la sua idea di Impressionismo e per far questo compose alcune serie di opere ciascuna con lo stesso soggetto, ma questo visto in diversi momenti della giornata, in differenti condizioni atmosferiche, in diverse stagioni, con una luce differente e con colori diversi. Il soggetto in questo caso non ha la minima importanza. I veri protagonisti sono le luci e i colori, dettati dal tempo e dalle stagioni che trascorrono.
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 Tra il 1892 e il 1894 Monet dipinse la serie di 31 tele della Cattedrale di Rouen, procedendo nella sua ricerca di una luminosità sempre più intensa. Per realizzarla Monet impiegò tre anni, e durante questi tre anni dipinse la luce e i colori della Cattedrale e non il monumento architettonico. La facciata perde la sua precisa identità, anche per il punto di vista ravvicinato che stravolge i contorni, e la superfice pittorica diventa una realtà in sé, differente e autonoma rispetto a quella naturale. Questa serie è stata definita dai critici del tempo come "il culmine dell' impressionismo". 
 
 
Ogni tela è unica perché rappresenta un momento irripetibile, per questo motivo un quadro può essere dipinto in tantissimi modi diversi pur mantenendo lo stesso identico soggetto. È il sole che dipinge il soggetto del quadro con luci e ombre. 

Il lavoro di Monet è stato molto difficile perché le luci e i colori svanivano velocemente per dare spazio ad altri toni. Impossibilitato a rappresentare in un quadro completo la fugacità di un momento unico, fu costretto a lavorare contemporaneamente su più tele, concentrandosi su un particolare quando le condizioni di luce e atmosfera erano quelle cercate.

 Immaginiamo la situazione: Claude Monet installato accanto alla finestra del secondo piano di fronte alla Cattedrale, che aveva affittato per l'occasione, mentre lavora freneticamente con decine di tele, alla mercé di una nuvola passeggera, un raggio inaspettato di sole o una nebbia mattutina, costretto a cercare e trovare in fretta tra i quadri in lavorazione, uno coerente con le momentanee condizioni atmosferiche. 

 
 

Da un articolo di Clemenceau: ''Guardando le cattedrali di Monet da vicino sembrano fatte da chissà quale indefinibile muratura di colore, frantumata sulla tela in un eccesso di rabbia. Quest’impulso selvaggio è senza dubbio frutto della passione, ma anche della scienza. Come possa l’artista esser conscio, a qualche centimetro della sua tela, di un effetto sia preciso che sottile, impossibile da apprezzare e vedere se non ad una distanza di diversi metri, questo è il mistero sconcertante del suo occhio.''








 La rappresentazione di uno stesso oggetto pittorico in diversi momenti con l’obiettivo di osservare i cambiamenti causati dalla luce naturale non era nuova per Monet, che tra il 1890 e il 1891 aveva già creato una serie di 15 tele raffiguranti un gruppo di covoni di fieno nella periferia di Giverny. 







 Questi covoni sono dipinti sotto il sole estivo, al tramonto o al crepuscolo, alla fine dell’estate, in pieno inverno o all’inizio della primavera. Non si trattava di raffigurare la vita contadina o i lavori agricoli. Non vi appare mai alcuna figura umana. Il soggetto è volutamente banale e semplice nella sua forma, essendo solo un pretesto per dipingere la luce.





 Anche in questo caso Monet aveva dovuto lavorare su diverse tele insieme: quando l'effetto della luce cambiava, per il passaggio di una nuvola o per il trascorrere delle ore, lui abbandonava una tela e passava alla successiva, per cogliere sempre l'istantaneità dell'immagine.














 Wassily Kandinsky aveva avuto l’opportunità di vedere uno di questi covoni di fieno, in una mostra a Mosca 1895, ed era rimasto impressionato al punto di indicarlo come prima pittura astratta della storia dell’arte: ''Ho letto nel catalogo che era un pagliaio, ma non riuscivo a riconoscerlo. Ho capito che l’oggetto del quadro mancava. Quello che era perfettamente presente era l’insospettabile e fino ad allora nascosta potenza della tavolozza.''









 Subito dopo la serie dei covoni, e poco prima di quella della cattedrale, Monet realizzò la serie dei pioppi, una ventina di dipinti raffiguranti gli alberi piantati lungo il bordo della palude di Limetz, sempre nei pressi di Giverny. Ma in questo caso si tratta di opere più liriche, e i pioppi appaiono davvero come il soggetto reale della raffigurazione, benchè resi differenti dal mutare delle condizioni atmosferiche.







Infine ci sarebbe la serie delle amatissime ninfee dello stagno di Giverny, ma queste sono talmente belle che meritano un post tutto per loro.
FINE
Trovate qui un altro post su Monet:
la serie dei Pioppi, realizzata subito dopo i Covoni e immediatamente prima delle Cattedrali, nel corso della primavera, l’estate e l’autunno del 1891, di essere finalmente rappresentata presso il museo.
Questa serie comprende oltre une ventina di pitture raffiguranti gli alberi piantati lungo il bordo della palude di Limetz, sulla riva sinistra dell’Epte, a circa due chilometri a monte di Giverny. - See more at: http://www.artslife.com/2012/03/06/focus-i-pioppi-di-monet/#sthash.8Srdh0v2.dpuf
La camera di Arles
une ventina di pitture raffiguranti gli alberi piantati lungo il bordo della palude di Limetz, sulla riva sinistra dell’Epte, a circa due chilometri a monte di Giverny. - See more at: http://www.artslife.com/2012/03/06/focus-i-pioppi-di-monet/#sthash.8Srdh0v2.dpuf
la serie dei Pioppi, realizzata subito dopo i Covoni e immediatamente prima delle Cattedrali, nel corso della primavera, l’estate e l’autunno del 1891, di essere finalmente rappresentata presso il museo.
Questa serie comprende oltre une ventina di pitture raffiguranti gli alberi piantati lungo il bordo della palude di Limetz, sulla riva sinistra dell’Epte, a circa due chilometri a monte di Giverny. - See more at: http://www.artslife.com/2012/03/06/focus-i-pioppi-di-monet/#sthash.8Srdh0v2.dpuf
la serie dei Pioppi, realizzata subito dopo i Covoni e immediatamente prima delle Cattedrali, nel corso della primavera, l’estate e l’autunno del 1891, di essere finalmente rappresentata presso il museo.
Questa serie comprende oltre une ventina di pitture raffiguranti gli alberi piantati lungo il bordo della palude di Limetz, sulla riva sinistra dell’Epte, a circa due chilometri a monte di Giverny. - See more at: http://www.artslife.com/2012/03/06/focus-i-pioppi-di-monet/#sthash.8Srdh0v2.dpuf

lunedì 10 agosto 2015



CHIUDERE IN GLORIA



Ricordate la vecchia barzelletta della missione spaziale congiunta fra Stati Uniti, Russia e Italia? Entrano nell'astronave la cagnetta Laika per conto della Russia, la scimmietta Ham per conto degli USA e il carabiniere Francesco Puddu per l'Italia. Le autorità russe comunicano gli ordini alla loro addestratissima cagnetta che poggia le zampette sulla consolle, avvia i razzi propulsori, prepara tutta la parte che compete alla Russia. Le autorità americane ordinano ad Ham di dare l'input alle procedure per la parte riguardante gli USA. La scimmietta muove le leve, preme i bottoni e quant'altro. Tocca all'Italia che comunica: ''Tui Ciccittu, no tocchis nudda po caridadi!! Dona scetti a pappai a sa scimmia...'' (Tu, Franceschino, per carità non toccare niente! Dài da mangiare alla scimmia e basta!)
Ora, io stamattina mi sono sentita come Ciccitto Puddu. Andata al lavoro scarsamente motivata (mancano circa 45 giorni al pensionamento) sono stata mandata da uno specialista (di cui tacerò la branca) con cui non avevo mai lavorato. Prendo il registro per scrivere i nomi e i dati dei pazienti... ''No, signora, lasci, scrivo io!''. Prendo il ricettario e il timbro per intestare i referti... ''No, signora, lasci, faccio io!''. Apro la porta per chiamare il primo paziente... ''No, signora, lasci, chiamo io!''
''Ma scusi, io che cosa faccio??'' ''Lei si rilassi''.
Come si possa rilassare una persona con un briciolo di dignità, mentre fa la bella statuina davanti ai pazienti, a sessant'anni suonati e con un'anzianità di servizio di 35 anni, io davvero non lo so. Comunque, il tempo mi ha reso filosofa. Senza alcun desiderio di polemizzare, cerco di organizzarmi: sfodero dalla borsa l'arma segreta, l'iPad, decisa a farmi gli affari miei. Nel frattempo si fa strada nel mio cervello come una specie di punteruolo, una musica per solo pianoforte che, in sottofondo, esce dal Pc dello specialista, curiosamente ripetitiva. Accendo l'iPad. Come spesso capita, si mette subito a fare i capricci, non obbedisce, salta di pagina in pagina di testa sua, finchè si pianta. Ok, stiamo calmi. Lo spengo per resettarlo. Lo riaccendo, mi chiede di nuovo il pin, lo inserisco; mi chiede il codice per sbloccare la Sim, lo digito...''Codice errato, le restano solo due tentativi''. Ma tu guarda cosa ti fa fare il nervoso...ridigito con più calma. ''Codice errato, le resta un solo tentativo''. Ora, siccome l'aggeggio è mio e solo mio, e lo uso solo io, e son sicura del mio codice, ostinatamente lo digito una terza volta, piano piano. ''Hai insistito ed ora sarai punita! Tira fuori il PUK'' qualunque cosa esso sia. 
Telefono innervosita a mio marito. ''Cosa può essere successo? Non è che per caso hai toccato il mio iPad??'' ''No, io ho solo cambiato la sim l'altro giorno perchè era scaduta''. ''E perchè hai cambiato il codice? perchè non me l'hai detto?? cosa ti è saltato in mente??? come si può fare una cosa del genere???? Proprio oggi che non ho niente da fare, a parte lavare i ferri a fine mattina...come faccio fino alle due?'' Mio marito è al mare. Quando torna a casa, mi richiama per comunicarmi quello che secondo lui è il PUK. Me ne propone tre diversi, neanche uno giusto. Il mio nervosismo arriva alle stelle, accresciuto dal martellare ossessivo del pianoforte punteruolo che il medico imperterrito usa come sottofondo alle sue visite. Al diavolo la filosofia, passare la mattina facendo solitari (unica cosa che il maledetto arnese sembra in grado di fare senza PUK) è una cosa che abbrutisce. Lavare i ferri a questo punto diventa una festa.
E quarantacinque giorni sono lunghi da passare. 

sabato 8 agosto 2015




TERRINA DI ALICI E PROVOLETTA


Questo post è un omaggio a Roberto Petza, grande chef sardo. Mangiare nel suo ristorante è un'esperienza di goduriosa concentrazione, quasi mistica, dalla quale non ci si scuote nemmeno al momento del conto, peraltro salato. Questo è un piatto che ho mangiato qualche anno fa nel ristorante/bar gestito dalla compagna, in cui lui preparava settimanalmente il menu. Non che mi abbia dato lui la ricetta, anzi, a dire il vero io il Maestro l'ho visto solamente in tv. Ma dopo aver mangiato da lui, ho cercato di ricostruire le pietanze assaggiate, riuscendoci, ahimè, solo in parte. La terrina comunque assomiglia ragionevolmente all'originale.
Vi do le dosi per uno stampo da plumcake lungo 25cm. Come pietanza estiva basterà per 10-12 persone.
Comprate 800gr di alici, lavatele, togliete la lisca centrale, la testa e le interiora (o fatelo fare al vostro pescivendolo).
Sbollentate e pelate 1kg di pomodori perini, mettendo da parte la buccia.
Togliete ai pomodori l'acqua di vegetazione e i semi, tenendo anche questo da parte, e riduceteli in filetti.

Prendete la provoletta (dalle mie parti si chiama ''panedda'', è un formaggio fresco o appena stagionato, dolce ma saporito), sbucciatela e affettatela sottilmente. Se possedete un'affettatrice elettrica, negletta, riposta sopra qualche ripiano semi inacessibile della vostra cucina, questo è il suo momento: tiratela fuori e usatela!
Foderate di carta forno lo stampo da plumcake e ungete d'olio il fondo.
Fate uno strato di filetti di pomodoro, poi uno strato di filetti d'alice, alcune foglie di basilico, uno strato di fettine di provoletta, sale e pepe. Poi ricominciate, fino a riempire lo stampo.
Versateci sopra un filo d'olio.
Mettete in forno già caldo, a 200°, e cuocete per 25'. Dopodichè togliete lo stampo dal forno e lasciatelo intiepidire prima di sformarlo su un piatto.
Servite la terrina a temperatura ambiente, guarnita con un filo d'olio e del basilico, accompagnata da un'insalatina di sedano affettato sottile. 






Vi ho raccomandato di metter da parte le bucce di pomodoro perchè si possono utilizzare: fatele disidratare in forno a bassa temperatura, poi polverizzatele con un macinino. Mescolate la polvere rossa ottenuta con sale da cucina: avrete così un sale aromatico per insalate, pesci ecc.

L'acqua di vegetazione e i semi invece, passateli per un colino: potrete fare la minestra del gatto con la rana.

  FINE