lunedì 9 febbraio 2015




IL GIARDINO DEGLI ORRORI


 



 Tutti noi conosciamo i nanetti da giardino, tutti ne abbiamo visto da piccoli, spesso nelle villette al mare. Tutti i bambini amano i nani da giardino, poi crescendo li si guarda con aria sospettosa, come se fossero delle cose “stonate”, fuori posto in un giardino, o comunque finte. Infine si acquisisce definitivamente che sono “brutti”.
Chi, come me, non è più nella sua primavera, si ricorderà di come fossero piuttosto frequenti tra i '50 e i '60, ma che già dal decennio successivo in poi sono molto diminuiti, fino ad essere considerati l'epitome del kitsch in giardino.
 



 In questi ultimi anni, però, hanno subito quello che gli antropologi chiamano “fenomeno di risalita”, cioè la migrazione dalla cultura bassa o popolare ai livelli superiori. Un famosissimo industrial designer, Philippe Starck, ha realizzato dei tavoli e degli sgabelli “d'arte” a forma di gnomo da giardino. Compaiono anche in numerosi simpatici spot pubblicitari.
 





 




Questi spostamenti tra diversi livelli di cultura avvengono con costanza nella storia dell'arte, ma si fanno più frequenti quando l'arte è in una fase di “stanca”.
I nanetti sono solo uno dei tanti soggetti finiti nel grande calderone dei prodotti d'arte minore che sono stati rivalutati nel corso del tempo. È successo ai romanzi d'avventura, a Salgàri, a Dumas, ai romanzi d'appendice, ai film di Lino Banfi e di Edwige Fenech, alla letteratura erotica, alla cucina “povera”, all'arredamento “country”, perfino allo stessa “arte kitsch”.
Questo procedimento viene chiamato dai media “sdoganamento”. È finita quindi che per cause non sempre correlate alle proprie precipue qualità, i nanetti, da semplice statuaria da giardino, si sono negli ultimi anni trasformati in un vero e proprio fenomeno culturale, tanto che stanno timidamente tornando ad affacciarsi in giardini e balconi, mentre sui cataloghi di vendita per corrispondenza il loro declino è stato breve, e il ritorno a dir poco trionfale.




 














L'abbellimento del giardino, anticamera della casa, è un'idea piuttosto comune, che viene ribadita da certi cataloghi e certa iconografia deteriore, di orti e giardini piccolo-borghesi abbelliti da carriole colme di fiori, vecchie lanterne, aiuole aromatiche ottenute con ruote di carro, il finto pozzo di resina con il secchio di zinco colmo di petunie.






















  I nanetti sono nati contestualmente alla pittura ed alla statuaria sacra da giardino. Nani e figure deformi sono raffigurate anche nelle pitture greche, elleniche e romane (basti pensare a quelle trovate nelle Terme di Tito e Traiano a Roma, che diedero i natali al termine “grottesco”). Ma i loro più illustri predecessori sono le statuette dei Lari familiari (Lares familiares) dell'antica Roma. I Lari erano le divinità minori, protettrici della famiglia, e venivano religiosamente custodite ed onorate da tutti i familiari. Accanto ai Lares familiares erano i Lares agrestes, spiriti non legati alle famiglie, ma alle campagne. I Romani credevano anche che ogni luogo avesse un suo nume tutelare, un genio protettore.


È proprio dal culto dei Lari che si sono sviluppate tradizioni antichissime, come il presepe. Infatti in occasione del solstizio d'inverno, cioè il giorno del “Sole nascente”, si soleva disporre le statuette dei Lari all'interno di uno steccato o una siepe (donde il termine “presepio” = “prae-saepere”, cioè “circondare con una siepe”).
 Accanto a questi culti vi era quello di Priapo, figlio di Venere e Bacco, protettore degli orti e dei giardini in quanto divinità associata alla fecondità. 


Virgilio scrisse che “era il protettore dei giardini poveri”. Nel suo autorevole testo, Nanetti e giardini in Italia, Bruno Sanguanini associa alla figura di Priapo quella dei nanetti, gulliverizzati e privati pudicamente di alcune caratteristiche morfologiche.  Priapo si trasformò nel Ruber Custos (il “Rosso Custode”), una sorta di spaventapasseri. Figura peraltro comune e a molte leggende centroeuropee, come quella tedesca di Rübezhal e probabilmente di quella di Robin Hood.



 L'epoca medievale non ebbe remore a raffigurare in dipinti e soprattutto sulle docce e sui frontoni delle chiese, delle figure mostruose e deformi quali monito a mantenersi puri e casti. 


 I nani e la loro gulliverica controparte, i giganti, hanno costellato la storia delle ville rinascimentali e manieriste. Nel 1400 la presenza di nani a corte era usuale, ancora oggi l'Appartamento dei Nani del castello Gonzaga a Mantova è una delle attrazioni turistiche più visitate. Nella stessa “Camera degli sposi”, affrescata da Mantenga, è raffigurata una nana, così come in “La Meniñas”, di Velasquez.
Già nel medioevo (e prima ancora in epoca romana) erano conosciuti i cosiddetti “meccanismi eroniani”, cioè quei congegni idraulici attraverso cui si potevano creare giochi d'acqua e far muovere degli automi. 
 

  È famoso il nano di Villa Pisani a Strà, come anche la “villa dei nani” di Valmarana , a Thiene (Vicenza ), in cui i nani accolgono il visitatore.


Altrettanto famoso è “Morgante” il nano di Boboli, posizionato al centro di un labirinto di siepi, con una chiara funzione di guida a e sorveglianza. 



 In epoca moderna ci fu la rivoluzione inglese del paesaggismo che si conclamò tra la metà e la fine del Settecento, che collimò con altri tipi di rivoluzioni nel campo delle arti, e che segnò la fine del gusto soggettivo all'interno del giardino.
Il paesaggismo prevedeva ampi spazi che fossero più simili possibile ad una “natura ben coltivata”, con il grado minimo di artificio visibile. Lo spazio era improntato ai divertimenti tipicamente inglesi: la passeggiata a piedi, a cavallo o in carrozza, i giochi del golf e del polo. Collinette, piccole valli, stagni, anse dei fiumi erano decorate con edifici e strutture che richiamavano antichi periodi storici, prevalentemente quelli greci, ma sempre più spesso vi erano ospitate delle “casette cinesi” per assecondare la moda delle cineserie e dell'Oriente.


Reggia di Caserta
casetta di ispirazione cinese
pagina di catalogo di un costruttore di rocailles, pagode, rovine classiche
Petit Trianon a Versailles

Il revival, tipico di quel periodo, delle rovine classiche rende i giardini luoghi ideali per ospitare artefatti che imitavano antichi ruderi o rocce, promontori, rilievi artificialmente creati. In seguito la moda delle rovine e delle fabriques (piccoli edifici che richiamano la vita in campagna, latterie, mulini, masserie) e delle folies (chioschi esoticheggianti e gazebo chiusi, dove potersi riunire non visti dall'esterno, per conversare, amoreggiare, o compiere piccole follie – donde il nome), divenne una vera e propria insensata esaltazione, e ne abbiamo una bellissima testimonianza in Bouvard e Pécuchet di Flaubert e nelle Affinità Elettive di Goethe (considerato, più che un romanzo, un vero e proprio manuale di giardinaggio.
La caratteristica del giardino successivo, cioè del giardino romantico, è quella di suscitare un impatto emotivo e nasce quello che viene chiamato “eclettismo storico”: nei giardini, non sempre di dimensioni adeguate allo scopo, venivano così riuniti stili e impressioni differenti. Il giardino diviene così un mezzo per esprimere il proprio status symbol.
 Molto spesso si pensa che il cattivo gusto sia una tara dei tempi moderni, mentre invece ha radici ben lontane nel tempo, basti pensare ai sofisticati giochi ed automi che lo sfortunato Ludwig II di Baviera (il cugino di Sissi) si fece costruire per il suo castello di Neuschwanstein a Füssen. I giochi richiamavano apertamente le atmosfere romantiche wagneriane. 



 Wagner stesso fu l'ispiratore di Ludwig, che gli commissionò “L'anello del Nibelungo”.  Il castello, giudicato con occhi moderni, è ricco di ogni genere di kitsch, ma all'epoca tutte le sue architetture e decorazioni erano considerate artistiche. Fu proprio Ludwig I, il padre di Ludwig II, ad iniziare la moda del castello eclettico e romantico. Molti erano gli arazzi e gli affreschi che rappresentavano motivi neo-gotici, allora molto in voga, come il mito del Graäl, di Merlino, della Tavola Rotonda e di Re Artù.

Affresco dal ciclo di Parsifal

Affresco dal ciclo di Tristano e Isotta

 L'Europa mitteleuropea è ancor oggi ricchissima di leggende e fiabe aventi come protagonisti gnomi, elfi e nani. Gli stessi Nibelunghi sono dei nani che abitano nelle caverne e custodiscono tesori (non diversamente dai Nani di Tolkien o di Disney).
Il castello di Neuschwanstein, concepito come un palcoscenico di una vita immaginaria, uno scenario ideale per il mondo romantico che Ludwig II si era costruito, è diventato l'icona pop di un merchandising basato sulle creazioni di Walt Disney, che a questo castello si ispirò per creare il castello della Bella Addormentata.
Nella storia del giardinaggio moderno ci fu a questo punto una novità: la riproducibilità tecnica degli oggetti d'arte e di artigianato che ha posto le basi alla produzione industriale, alla serialità, ed al “brutto in serie”, cioè al kitsch cui ci si riferisce parlando dei nanetti. 
 La tipologia dei nani è infinita, e a loro si possono aggiungere infiniti elementi di piccola statuaria da giardino, come animali, rane, cerbiatti, Bambi, funghi, altri personaggi dei cartoni animati Disney.  







 Le prime produzioni industriali di nani di terracotta, che ovviamente ancora non avevano le fattezze disneyane, e che ora sono significativamente diventati pezzi da collezione di modernariato, vennero avviate verso 1880 in Turingia, ma ancor prima erano richiesti nanetti di fattura artigianale. Nel 1867 Sir Charles Isham, un gentiluomo inglese interessato allo spiritualismo, volle delle statue di gnomi per abbellire il suo giardino di rocce e conifere striscianti, a Lamport Hall, nel Northamptonshire. Affascinato dalla mitologia wagneriana allora in auge e dai troll di Henrik Ibsen, si fece portare dalla Germania parecchie dozzine di questi “spiriti della terra” che egli chiamava “minatori fantasma”. Questa è una foto di fine '800 scattata nel suo giardino:






I nanetti di terracotta di sir Charles Isham non hanno resistito all'usura del tempo. Unico superstite l'esemplare qui a fianco.













  Le fiabe dei fratelli Grimm furono pubblicate tra il 1812 e il 1822, e sono opere dichiaratamente popolari, o meglio della cultura del popolaresco. Non sono cioè una versione popolare di una tradizione colta, nascono già popolaresche. Non bisogna quindi guardare ai nani come una degradazione della statuaria classica del giardino all'italiana, ridotti di dimensioni e resi simili ad un fumetto, ad un giocattolo, per essere digeriti da palati meno raffinati. Il nanetto della fiaba di Biancaneve ha una sua propria autonomia storica e culturale che deriva da antichissime tradizioni popolari di origine celtica e germanica.

I fratelli Grimm si riproponevano di dare una testimonianza delle tradizioni popolari orali. I sette nani della fiaba dei Grimm sono sostanzialmente indistinguibili l'uno dall'altro, non hanno nomi né carattere, non vengono descritti morfologicamente: in breve non hanno individualità: se fosse stato uno soltanto sarebbe stata la stessa cosa. Mentre Disney, nel '37, fa diventare i nani dei tipi individuali, ognuno con un nome ed una personalità, facendoli quindi diventare elementi di una serie collezionabile.  
La plastica e l'avvento di altri materiali meno pregiati, ma duraturi, contemporaneamente all'invenzione di pigmentazioni da esterno in grado di resistere agli agenti atmosferici, hanno contribuito ad abbassare i prezzi e quindi a diffondere i nani da giardino.
Poichè i gusti variano a seconda delle epoche e delle mode, ciò che oggi può apparire kitsch, brutto, per nulla artistico o addirittura di pessimo gusto, un tempo potrebbe essere stato elemento artistico di valore. Si getti solo un istante il pensiero al decorativismo esagerato di tipo Rococò, che oggi ci sembra assurdo, e lo definiremmo senz'altro volgare se non avesse il valore dell'antichità.
A fine Ottocento Jerome K. Jerome ridicolizzava le porcellane cinesizzanti bianche e blu, ipotizzando, come se fosse una cosa assurda, che un giorno sarebbero potute venire di moda, come infatti è stato. E Russel Page, chiamava il Liberty “orribile Ottocento”, quando oggi il Liberty viene considerato uno stile di gran pregio. Ritengo peraltro che si possa assolutamente fare un'eccezione riguardo al finto mulino ad acqua in resina della foto sottostante, di una bruttezza sempiterna.



Potremmo soffermarci a riflettere che tutte le cose su cui oggi ci affanniamo tanto potrebbero essere considerate dalle generazioni future semplicemente “brutte”.
Dire pertanto che “i nanetti sono brutti, o kitsch” contiene una gran quantità di inesattezze ed una certa precipitosità dell'affermazione. Bisognerebbe prestare attenzione alla loro storia, che affonda le radici nella più lontana antichità, e soprattutto all'uso sociale che le persone che li acquistano ne fanno. Il gusto è quindi una attitudine verso l'appropriazione, materiale o simbolica, da parte di una determinata classe, di qualcosa che ha lo scopo di dare legittimità al proprio stile di vita e decoro per la propria persona o famiglia.
Anche se nei tempi moderni le differenze culturali, sociali ed economiche tra le classi si sono molto smorzate, è vero che è nella natura dell'uomo aspirare ad avere qualcosa in più, cioè ad elevarsi dalla sua classe sociale quella immediatamente superiore.
I giardini sono ricchissimi di segni evidenti di questo tipo di distinzione
. Le classi popolari, per necessità, assegnano ad ogni oggetto una funzione: il nanetto invece è completamente inutile; si configura pertanto come un vero e proprio “consumo vistoso”, con il quale il proprietario del giardino che lo esibisce intende mettere più spazio possibile tra sé e la classe popolare (alla quale presumibilmente appartiene, o da cui proviene, o a cui è comunque vicino o limitrofo quanto a livello culturale) a cui per definizione i nani delle fiabe di Grimm appartengono.

 In ogni caso il giardino con i nani solletica il senso del gusto, eccita l'interrogativo tra naturale ed artefatto, getta un ponte tra l'umano e il fantastico. Suscita comunque una reazione.
Gli stessi giardini che vorrebbero distinguersi brillano anche per l'ovvietà della scelta delle piante e per l'assenza di alcune piante considerate ormai “proletarie, contadine”, oppure semplici “erbacce”: nel nostro giardino condominiale il giardiniere si ostina ad estirpare il manto verde e lussureggiante di una pianta strisciante assai bella, preferendole la nuda terra, di aspetto secondo lui più ordinato e pulito. Eppure quella pianta strisciante non solo è bella, ma è anche l'unica che cresca all'ombra perenne del palazzo volto a nord. Ma il giardiniere la disprezza per la sua rusticità (e il nome volgare della povera piantina, ''miseria'', la dice lunga).


Beninteso, si tratta di simboli che dichiarano uno status elevato solo a chi non li comprende, cioè agli appartenenti alla stessa classe culturale e a quelle inferiori. Chi espone i nani pensa di rivolgersi alle classi superiori, esibendo un decoro evidente, ma in realtà –senza accorgersene- si rivolge ai membri della sua stessa classe ed a quelle inferiori.

Un proprietario che non voglia che il suo giardino abbia un'aria contadina, sceglierà senza dubbio delle palme, che sono “alberi” ma che non assomigliano agli alberi da frutto, retaggio dell'orto contadino. Durante gli anni '70 ed '80 il salice piangente (Salix babylonica) è stato usato per conferire un'aria languida e romantica ai giardini, e negli anni '40 la svenevole rosa 'Dorothy Perkins' aveva raggiunto una tale diffusione da diventare uno degli emblemi del kitsch in giardino.
Per quanto riguarda i nanetti in essi c'è una tale sovrapposizione ed una rimescolanza di simbologie, modelli, stili, evocazioni, comportamenti, relazioni sociali, metafore, schemi antropologici, psicologici e socio-culturali, che non possono in nessun caso essere ignorati e liquidati semplicemente come brutti.



Quanto alla rosa ''Doroty Perkins'', merita una nota a piè di pagina: Data la facilità con cui si riproduce per talea, questa rosa ebbe una diffusione mai vista prima di allora. Negli anni Trenta in America era letteralmente ovunque, tanto che addirittura interi quartieri erano decorati con 'Dorothy Perkins'. Il suo colore è un rosa così “soavemente rosa” da far allegare i denti al solo pensiero, e la profusione dei suoi fiori così straordinaria da nascondere addirittura il fogliame. In piena fioritura non sembra neanche una rosa, ma un abito da sposa saltato fuori da una delle peggiori soap-opera americane. Il fogliame è scuro, ma è perennemente macchiato dall'oidio, il che non impedisce alla pianta di fiorire abbondantemente. Il difficile non è curarla o farla fiorire (perché riesce praticamente in qualsiasi terreno, con qualsiasi esposizione e anche senz'acqua) ma il non farla sembrare troppo assurda o pretenziosa.

 FINE

Liberamente tratto da ''La compagnia del giardinaggio''

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