sabato 7 luglio 2018





IL CIBO E LA MODA


La moda ci governa in qualsiasi campo, persino a tavola. Quando si tratta di abbigliamento, la ciclicità della moda è annuale o poco più. Quando si tratta di cibo invece la moda ha un ciclo più lungo, vent'anni all'incirca. Oggi nessun cuoco o gastronomo o critico troverebbe accettabili certi piatti che erano in voga all'inizio di questo secolo. Al massimo potrebbero accettarli se rivisitati, rinnovati, ''destrutturati'' ecc. La logica vorrebbe che ciascuno mangi ciò che più gli piace, eppure sembra che anche in questo campo ci si debba far condizionare, adeguarsi alle novità, essere originali, informati e ''avanti'' ad ogni costo. Ricordo nel 1980, appena sposata, le mie prime cene per gli amici: avevo cercato di servire come digestivo, a fine pasto, un limoncello fatto da mia suocera. Il limoncello non era ancora di moda, non lo conoscevano, il sapore era forte, non l'avevano gradito. Pochi anni dopo una cena senza limoncello o mirto finale non sarebbe stata considerata cena conclusa. Gli stessi amici che qualche anno prima l'avevano rifiutato se lo sono fatto piacere in seguito, non appena la moda lo ha consentito. Trovo il fenomeno molto curioso.
Negli anni '60-'70 si usavano molto, come stuzzichini, grandi vassoi di tartine. 




Un dispendio pazzesco di tempo ed energie per qualcosina che poi scompariva in un boccone. 

















  Giustamente oggi le tartine sono state rimpiazzate da tramezzini e altre piccole cose più consistenti.













 L'antipasto ''all'italiana'', servito nelle antipastiere di vetro, regalo di nozze imprescindibile, era costituito da riccioli di burro, carciofini sott'olio, giardiniera, affettati, olive, tutto distribuito nei vari settori. Oggi è considerato il massimo della noia.








Grande raffinatezza era l'aggiunta del ''turbante'' di prosciutto: le fette venivano poggiate su una forma di budino capovolta.












Fra gli antipasti sono ormai demodé anche le ottime uova sode farcite di tonno e maionese e gli altrettanto ottimi pomodori ripieni di insalata russa. Soprattutto sono demodé se guarniti con maionese strizzata dal tubetto con bocchetta a stella e guarniti con i capperi.


















Dopo il tramonto dell'antipasto all'italiana vennero fuori due novità di grande successo:

Uno era il cocktail di gamberi (gamberi lessi serviti in coppa con salsa cocktail, ossia maionese più ketchup) che furoreggiò per molti anni.


L'altro era il pompelmo, servito così, nudo e crudo, con l'apposito cucchiaino seghettato.
Il pompelmo in quegli anni godeva di un'immeritata fama di frutto ''dimagrante'': tutto ciò che si mangiava dopo il pompelmo veniva ''bruciato'' misteriosamente e non assorbito (!).


Nello stesso periodo (anni '70) ci fu un'inflazione di uova di lompo come succedaneo del caviale, sia a guarnire le famose tartine, sia (ahimè) sugli spaghetti.
Altro prodotto di mare raffinato, costoso e frequentissimo fu il salmone affumicato.

Ecco le farfalle al salmone, un must che aveva, e ha tuttora, il vantaggio di essere un piatto veloce e facile. Assicuravano un'ottima figura ma purtroppo, oltre alla panna, c'era fra gli ingredienti il tocco originale della vodka. Se si era fortunati e si trovava la vodka azzurra, si poteva essere più originali ancora...



Risale a quegli anni l'onnipresenza della panna, la quale imperversò talmente tanto che nel decennio successivo finì per essere demonizzata. Oggi, se uno chef si facesse sorprendere a farne uso decreterebbe la sua condanna al pubblico ludibrio. Peccato, perchè è un bellissimo ingrediente.













Comparvero i geniali tortellini alla panna (oggi non azzardatevi a servirli a chiunque appena appena se la tiri) e le squisite 4P: penne, panna, piselli, prosciutto.
Sempre per colpa della panna è passato immeritatamente di moda anche il filetto al pepe verde.


Il risotto alle fragole invece, di finire nel dimenticatoio se lo meritava proprio.


Dopo che la panna è tramontata senza possibilità di appello, è arrivata la rucola. Anch'essa ha avuto un gran successo e se ne è abusato. Quando ogni cosa ha cominciato ad essere servita ''su un letto di rucola'', l'espressione è passata a indicare un cuoco privo di inventiva. I gamberetti su letto di rucola, il carpaccio con rucola e scaglie di grana e tante altre cose buone hanno avuto il loro decennio di gloria e poi sono diventate sorpassate. Come se avessero cambiato sapore...mah!




Si comprende invece benissimo come mai il sufflé sia scomparso dalle tavole italiane, e anche dai ristoranti: è l'unica pietanza che deve ''far aspettare gli ospiti'', cioè da portare in tavola appena uscita dal forno, prima che si sgonfi. Quindi se la padrona di casa non ha qualcuno in cucina che ne sorvegli la cottura e che lo serva in tavola appena sfornato, difficilmente si impegnerà nell'impresa. 
Ma perchè invece è passato di moda il comodissimo e buonissimo vitel tonné, così gradevole nella stagione estiva? Oggi è finito declassato a piatto da asporto o da pic-nic.
 













Altri piatti che non si vedono più sono quelli che venivano chiamati ''in bellavista''. Alcuni sono effettivamente troppo impegnativi, e nessuno ha tempo e voglia di prepararli.

 



Lasciamo perdere la famosa Aragosta in bellavista, ma un pesce ben guarnito pare che non si usi più presentarlo.
Un aspic era un piatto che qualsiasi casalinga degli anni '50 era perfettamente in grado di presentare. Oggi non lo fa quasi nessuno.

E anche l'insalata russa guarnita non si vede più. Si preferiscono piatti più semplici con presentazioni (accuratamente) casual.

A Parigi negli anni '80 in Place de La Madeleine vidi una vetrina del famoso Fauchon dove facevano bella mostra degli spettacolari tacchini freddi guarniti. Questo qui sotto è una pallida imitazione preparata da me. Noterete come l'aspetto sia kitsch e demodé. Oggi Fauchon lo presenterebbe ben diversamente.


Ed ecco qui sotto, una zuppa inglese con la sua meringa, così come dovrebbe essere, sontuosa e barocca.



Mentre è più facile che oggi la troviate presentata così, più semplice e senza canditi, per via del dilagante odio verso questi ultimi.



Per quanto riguarda il bere, il nostro palato oggi è più educato rispetto al secolo scorso. Altrimenti non si comprenderebbe il successo che negli anni '70 e '80 ebbero alcuni vini portoghesi che orgogliosamente venivano serviti in tavola o portati come omaggio quando si era invitati: il Mateus rosé e il Lancers bianco o rosé.
Erano abbastanza economici, eppure considerati eleganti. Comunque erano vini freschi, facili, che piacevano a tutti. Riassaggiati oggi sono appena un gradino più su della gazosa.




















Concludo con ciò che in genere chiude una cena: gli amari. Oggi gli amari non sono tanto amari, ma negli anni '70 erano davvero amarissimi. Li si beveva con un certo sforzo, nella bovina convinzione che più erano amari e più erano digestivi.
 ''L'amarissimo che fa benissimo'' recitava lo slogan del Petrus, mentre si vedeva un pugno ferrato che si abbatteva su un tavolo, perchè erano così amari che per berli bisognava essere uomini duri e forti: lo spot pubblicitario parlava di guerrieri, di battaglie e quant'altro. 




Oltre al Petrus vi erano anche Unicum, Jagermeister, Fernet ecc. altrettanto feroci nel gusto. Quando la moda è passata hanno tutti tirato un sospiro di sollievo, credo, tornando ad amari più morbidi e aromatici, e aggiungendo anche il mirto e il famoso limoncello (quello sdegnosamente rifiutato anni prima).

Rimane dunque il mistero di come mai ci si faccia condizionare dalla moda in un campo, il cibo, che dovrebbe essere governato dal piacere e dai gusti personali. Capisco chi è del mestiere, uno chef che deve essere originale e creativo a tutti i costi, ma a noialtri, chi ce lo fa fare? .


FINE

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