giovedì 12 ottobre 2017






TREMOTINO
(Rumpelstiltskin) 


Questa fiaba fu raccolta nella Germania dell'800 dai fratelli Grimm, ma come tutte le fiabe è antichissima. Il nome del personaggio che dà il titolo alla storia, in Germania Rumpelstilzchen, da rumpelstilz, è il nome che nella mitologia popolare era dato ad una sorta di spirito domestico cattivo che faceva fracasso sbattendo e raschiando assi di legno, similmente al poltergeist. Vi sono versioni di questa fiaba praticamente in tutte le culture, con qualche differenza. La ritroviamo dall'Europa del nord a quella dell'est, fino alla Russia e all'Arabia. Il nome cambia da paese a paese, in Italia si chiama Tremotino.
Segue il testo dei fratelli Grimm accompagnato dalle splendide illustrazioni di Paul O. Zelinsky.



C'era una volta un mugnaio che era povero, ma aveva una bella figlia. Un giorno, per caso, ebbe una conversazione con il re, e così, per far colpo su di lui, gli disse: "Io ho una figlia che riesce a filare la paglia in oro." Il re disse allora al mugnaio: "Ma è prodigioso! Se veramente vostra figlia è abile come dite, portatela domani al mio castello, perché voglio metterla alla prova."

Così, il re condusse la fanciulla in una stanza colma di paglia fino al soffitto; le consegnò aspo e fuso e le disse: "Mettiti subito al lavoro. Fila tutta la notte, e se per domattina non avrai trasformato tutta questa paglia in oro, morirai."















 Poi chiuse la porta a chiave, e la povera fanciulla rimase lì da sola, e per la prima volta in vita sua non seppe davvero che fare, poiché non aveva la minima idea di come si facesse a filare la paglia in oro.












Cominciò ad impaurirsi sempre di più, finché scoppiò in lacrime.



















Improvvisamente la porta si aprì, ed ecco che vide un ometto avanzare nella stanza e dire: "Buona sera, signorina mugnaia, perché piangi?" Rispose la fanciulla: "Perché il re mi ha ordinato di filare tutta questa paglia in oro, ma io non ne sono capace." E il nanetto disse: "Se lo faccio io al posto tuo, tu cosa mi darai in cambio?" "La mia collana" rispose la ragazza.











Il nano prese la collana, si sedette presso l'arcolaio e, frr, frr, tirò il filo per tre volte e il rocchetto fu pieno; poi, di nuovo, ripeté l'perazione altre volte, continuando per tutta la notte, finché al mattino tutta la paglia fu filata in oro.

















 Al tramonto tornò il re, e alla vista di tutta quell'oro rimase sorpreso e contento; ma il suo cuore avido non era ancora appagato: rinchiuse la figlia del mugnaio in un'altra stanza tutta piena di paglia, ancora più grande della prima. Le ordinò di filarla tutta in oro entro il mattino dopo, pena la morte.














La poveretta non sapeva che pesci prendere, e pianse; tornò il nano e le chiese: "Che cosa mi dai se io ti filo tutta questa paglia?" "Il mio anello" rispose lei.
















Allora l'ometto prese l'anello, e si rimise al lavoro, e la mattina dopo tutta la paglia era diventata oro. Il re andò in brodo di giuggiole, ma non era ancora pago: per la terza volta condusse la figlia del mugnaio in una stanza colma di paglia e disse: "Adesso mi devi filare tutta quest'altra: se ci riuscirai, diventerai mia moglie." Infatti, pensò: 'anche se è la figlia di un mugnaio, non troverò mai una donna più ricca in tutta la terra." Quando la fanciulla rimase sola, riecco il nano fare capolino per la terza volta, e disse: "Questa volta cosa mi darai in cambio?" "Non ho più niente da darti" rispose la povera infelice. "Allora promettimi, che quando sarai regina, mi consegnerai il tuo primogenito." La figlia del mugnaio pensò di non avere alternative, perciò, non sapendo che altro fare, acconsentì alla richiesta del nano. Quello, in cambio, trasformò per la terza notte tutta la paglia in oro.


Quando il mattino seguente si ripresentò il re, vedendo che la fanciulla aveva ubbidito agli ordini, mantenne la promessa e la sposò.
 Così, la bella mugnaia divenne regina.


















Passò un anno e la regina partorì un bel bambino; ormai non pensava più al nano, ma, improvvisamente, quello apparve nella stanza e disse: "Adesso, regina, dammi ciò che mi hai promesso."
 Terrorizzata, la poveretta cominciò a offrirgli tutte le ricchezze del regno purché non le portasse via il bambino, ma il nano non volle sentire ragioni e rispose: "No, la tua creatura vale per me più di tutto l'oro del mondo." Allora la regina cominciò a gemere e a piangere così forte che l'omino n'ebbe pietà e disse: "Hai tre giorni per scoprire come mi chiamo; se ci riuscirai, ti lascerò il bambino."













E la regina trascorse tutta la notte in piedi, a pensare a tutti i nomi che le vennero in mente. Il giorno dopo, mandò un messaggero tra le terre del reame a raccogliere tutti i nomi che sentiva; quando si ripresentò il nano, ella cominciò a sciorinare diversi nomi, tra cui, Gaspare, Melchiorre, Baldassarre, ed uno ad uno, recitò tutti i nomi che sapeva, ma il nano scuoteva la testa e diceva: "Sbagliato, sbagliato!" Il secondo giorno inviò i suoi fedeli ad indagare tra la gente del villaggio, e quando il nano tornò, gli enunciò tutti i nomi più strani e meno comuni che aveva sentito; "Ti chiami forse Vitello di Montone? O Laccio di Gamba? O forse di ti chiami Gamba di Tricheco?" ma quello continuava a dire: "Non è il mio nome, non è il mio nome!"






Finalmente, il terzo giorno il messaggero tornò e disse alla regina: "Nomi nuovi non ne ho trovati, ma quando fui presso un alto monte ad ovest della foresta, dove trovai una volpe e una lepre a darmi la buonanotte, vidi una casetta, e proprio lì di fronte c'era un buffo ometto che saltellava intorno al fuoco con una gamba sola, che diceva:
«Oggi faccio il pane, domani il tè
poi di corsa a brendere il bebè
Tremotino io mi chiamo
ma la regina non lo sa
il mio nome mai indovinerà,
e il principino mio sarà.»"








Potete immaginarvi la felicità della regina nel sentire il nome esatto. Di lì a poco arrivò l'omino e disse: "Allora, Maestà, come mi chiamo?" "Ti chiami Kunz?" "No." "Allora, Heinz?" "No, no!" "Ci sono: tu ti chiami Tremotino!"















"Te lo ha detto il diavolo!" urlò l'omino, furente di rabbia. E così dicendo, con il piede destro, diede un colpo così forte nel pavimento, che ci crollò dentro fino al petto; poi con entrambe le mani afferrò il piede sinistro e si squarciò a metà.
















Tradotto (dalla versione inglese curata dal professor Ashliman) da Vale76, e pubblicata nel suo blog Parole d'Autore, che vi consiglio.

Come in tutte le fiabe, anche in questa lo scopo è quello di affascinare e spaventare gli ascoltatori facendo correre dei gravi pericoli ai personaggi, caricarli di compiti impossibili, farli sentire sminuiti, e poi mostrare come la virtù, l'impegno, l'utilizzo al meglio delle proprie risorse riescano a cavarli fuori dai guai. Raggiungere la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità (nel caso specifico riuscire a dare un nome al proprio nemico) è la condizione necessaria per riuscire a superare le sofferenze e a ''crescere'', rendendosi indipendenti (sempre nel caso di questa fiaba, liberandosi delle pastoie di un padre e di un marito con eccessive aspettative, e di un nano malvagio).


FINE

Altri post collegati:
La pappa dolce