lunedì 14 luglio 2014






ROBERTO ROSSELLINI E LE SUE DONNE

Rossellini fu un grande regista. Come marito, compagno e amante forse non lo fu altrettanto. 
Il primo matrimonio non andò male. Sposò nel 1936 Marcella de Marchis, scenografa e costumista. Ebbero due figli (uno morto bambino), e si separarono nel '42, rimanendo in ottimi rapporti, e proseguendo la collaborazione professionale. Lei era di carattere dolce ed estroverso e negli anni continuò a rappresentare un approdo sicuro per la caotica famiglia di Roberto. 
Durante la lavorazione del film-manifesto del neorealismo, "Roma città aperta", Rossellini si innamorò di Anna Magnani. L'interpretazione di lei fu, in questo film, veramente magistrale (memorabile la scena in cui insegue la camionetta che porta via il marito, mentre grida "Francesco... Francesco...", e viene uccisa dai tedeschi) e le fece vincere il suo primo Nastro d'argento.


L'amore tra lei e Rossellini fu appassionato e travolgente, ma anche tempestoso, fra bisticci, scenate e gelosie.
"L'amore. Toglietemi tutto. La carriera, la politica, Mike Bongiorno, il festival di Sanremo. Ma l'amore no. L'amore è la pioggia, il vento, è il sole e la notte. L'amore è respiro e veleno. Certi giorni mi dico: Anna, stai attenta, questa è la cotta che ti ammazza. Perché, sì, di carattere sono eccessiva, smodata. Non mi so fermare, e ogni volta che amo mi impelago fino ai capelli. Che strazio, poi, uscirne vivi. Scappare. E' una cosa tremenda, da urlare. Come rialzarsi dal letto e non avere più sangue. Ma poi si ricomincia ed è meraviglioso" disse Anna Magnani in un'intervista.


  Finchè un giorno Rossellini ricevette una lettera un po' sfacciata, che mise (giustamente ) in allarme Anna.
«Mister Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà, e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla molto bene l'inglese, non ha dimenticato il tedesco, non riesce a farsi capire bene in francese e in italiano sa dire soltanto "ti amo", sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei». Firmato: Ingrid Bergman.
Era il maggio del '48. All'epoca Rossellini aveva conquistato una fama mondiale, e Ingrid Bergman era una delle attrici più famose e amate d'America. Quella fu la fine della storia con la Magnani. E fu una fine davvero crudele e vile: una mattina, mentre si trovavano all'Hotel Excelsior, disse ad Anna che sarebbe sceso per portare a spasso i cani. Ma nell'atrio consegnò gli animali a un cameriere, salì su un'automobile che l'aspettava con le valigie già pronte e si diresse di corsa all'aeroporto dove prese un volo per raggiungere Ingrid.



Andò a Londra, dove la Bergman stava girando un film di Hitchcock. Lì incontrò anche il marito svedese di Ingrid, che però era in crisi coniugale. Poi un weekend a Parigi, infine altri incontri a New York e a Los Angeles, dove l'acclamatissimo regista era andato a ritirare dei premi. Fra loro, parlavano francese. E Rossellini le propose subito di recitare nel suo nuovo film, Stromboli, senza dirle che la parte era già prevista per la Magnani. La Bergman, alla quale era bastato vedere i due film del regista italiano in una saletta d'essai per infatuarsene, lo invitò come ospite d'onore a un party nella sua villa californiana, in Benedict Canyon.
Al party il regista incontrò il meglio di Hollywood: Gary Cooper, Bette Davis, Frank Capra. Non parlò con nessuno perchè non sapeva l' inglese, ma questo non gli creò alcun imbarazzo. Il suo obiettivo era Ingrid. E riuscì a raggiungerla in cucina per potere restare un momento da solo con lei. Molti anni dopo la Bergman raccontò a Renzo Rossellini, primo figlio di Roberto, che «forse lì, in cucina, era stato concepito Robertino», il bambino che nacque l'anno dopo. E Renzo si era divertito a insistere sui dettagli, domandandole: «In piedi?». «Quasi!», aveva chiuso il discorso lei.
Il problema era che Rossellini si trovava già impegnato a girare Stromboli con un giovane produttore siciliano, il principe Francesco Alliata, e il socio Pietro Moncada di Paternò. Quando ci fu la rottura con la Magnani, Alliata non rinunciò al progetto: scritturò un regista tedesco (William Dieterle, soprannominato Dhitler per la precisione teutonica), e fece interpretare egualmente il film alla Magnani (con Rossano Brazzi), cambiando il titolo in Vulcano e girandolo nell' isola eoliana adiacente. Così per tutta la calda estate del 1949 si svolse la «guerra delle isole»: a Stromboli la troupe di Rossellini con la Bergman, a Vulcano quella della Magnani. Con una gara a chi finiva prima, ovviamente vinta dal tedesco cui bastarono sette settimane di riprese, contro le quindici (rispetto alle otto preventivate) del disordinato Rossellini. Il quale peraltro era anche immerso nella focosa passione con Ingrid.

Tutti i giornali del mondo seguirono la sfida privata e pubblica. Per l'opinione pubblica americana fu uno scandalo enorme: la Bergman, fino ad allora considerata una santa, divenne subito un'adultera da lapidare. Fu accusata di essere «l'apostolo della depravazione di Hollywood», subendo una campagna denigratoria senza eguali. Suo marito chiese il divorzio e ottenne l'affidamento della figlia Pia, la quale dichiarò: «Non ho mai voluto bene a mia madre».
Nonostante "Vulcano" fosse uscito prima di "Stromboli", questo vantaggio fu annullato dal fatto che nello stesso giorno nascesse il primo figlio di Ingrid e Roberto
, Robertino, il che rubò tutto lo spazio sui giornali. Era il 1950, al botteghino "Stromboli" stracciò "Vulcano".
(Nel '55 però la Magnani si prese tutte le rivincite, professionali e private, con Rossellini: mentre lei vinceva l'Oscar con La Rosa Tatuata, il matrimonio con la Bergman crollava.)






Nel '52 nacquero anche le gemelle Isotta e Isabella. Ingrid riconquistò pian piano le simpatie del pubblico. Nel 1956 fece un ritorno trionfale a Hollywood. In quello stesso periodo il matrimonio entrava in crisi.
Nel 1957 Rossellini aveva da poco superato i 50 anni, era semicalvo e la giacca faticava a chiudersi su un ventre prominente, e decisamente aveva perduto parecchio fascino.
Partì per Bombay dovendo girare una serie di documentari voluti dal premier indiano Nehru, che aveva conosciuto a Parigi qualche mese prima. Vedendolo scendere dall'aereo senza sua moglie gli indiani non nascosero la delusione.
Hari Dasgupta, un documentarista ex assistente di Jean Renoir, ansioso di conoscere il maestro del neorealismo, venne presentato a Rossellini. Con lui c'era la moglie Sonali, alta, scura di pelle, molto timida. Fu un incontro fatale per Rossellini, che dedicò la sua attenzione alla donna più che a Hari, ai suoi lunghi capelli, all'eleganza con cui indossava il sari.
La pigrizia atavica di Rossellini era ben nota. Quando non lavorava era uso passare le giornate a letto a leggere giornali. Ma davanti a Sonali diventava un altro uomo, sprizzava fascino ed energia, la conversazione diventava brillante. Chiese a Sonali di recitare nel suo film, ma la donna (laureata, colta e di buona famiglia) declinò l'offerta. Rossellini tornò alla carica e le propose di  diventare consulente per la sceneggiatura. Hari, spinto dall'ambizione riuscì a convincere la riluttante moglie ad accettare la proposta del grande regista. Non sapeva che questa sarebbe stata la sua tragedia.


Rossellini e Sonali cominciarono ad incontrarsi ogni pomeriggio, nella camera d'albergo del regista. Mentre ai ricevimenti il regista era un fiume in piena di aneddoti e risate, si vantava delle sue conquiste (Anna Magnani, Marlene Dietrich...) e della sua potenza sessuale, con Sonali invece aveva un rapporto fatto di silenzi e sguardi, più che di parole.
A questo punto Hari, in preda alla gelosia, urlò in faccia al suo mito:
«Sonali è innamorata di te, ci stiamo separando». Una notte infuriato scodellò la moglie fuori dalla macchina davanti all'albergo di Rossellini ripartendo immediatamente, e lei si presentò in camera del regista col figlio più piccolo in braccio, chiedendo protezione.
Scoppiò uno scandalo, Hari iniziò una campagna diffamatoria contro il debosciato italiano. Sonali non uscì dall'albergo assediato da fotografi e giornalisti, per sei settimane. Si chiese l'espulsione di Rossellini, ma intervenne Nehru. Alla fine di tutto, Sonali ottenne un passaporto per riparare a Parigi col bambino e il pancione. Rossellini non venne espulso e terminò il suo lavoro: un film e dieci documentari. Potè così arrivare anche lui a Parigi, dove fu accolto
dalla raggiante Ingrid con baci plateali che davanti ai paparazzi dovevano fingere l'amore-nonostante-tutto e mascherare la frattura. Una «commedia imbecille», la definì lui: mezz'ora dopo decisero il divorzio. «Sono stanco di essere il signor Bergman». Due mesi dopo nacque Raffaella, la figlia della colpa, e Rossellini adottò il figlio più piccolo di Sonali e Hari.
Qui la storia finisce, perchè l'ultimo matrimonio di Rossellini fu quello giusto, quello appunto, senza storia. Durò vent'anni, finchè lui fu stroncato da un attacco cardiaco.

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