venerdì 26 settembre 2014





 LE ISOLE FELICI DEI MARI DEL SUD
(SECONDA PARTE)


Nonostante i cambiamenti avvenuti negli ultimi 300 anni, il mito resiste nell'immaginario collettivo occidentale.
Thaiti è forse l'isola che è cambiata maggiormente. Anzitutto non ha mai posseduto le grandi spiagge bianche che ci si aspetta dalle isole polinesiane, ma solamente scogli e qualche spiaggia nera, vulcanica.
 Il capoluogo, Papeete, quella di Gauguin, è oggi una città orribile, non grande, ma iperaffollata, trafficata, rumorosa. L'unico posto con qualche traccia di folklore locale è forse il mercato.






Gauguin vi restò qualche anno, ma poi, non riuscendo a sbarcare il lunario, si trasferì alle Marchesi, 1500 km a nordest, isole molto meno civilizzate perchè mancanti di aeroporto. Fu lì che solo, lebbroso, ammalato di sifilide, morì per problemi cardiocircolatori.
  



Lo scrittore Somerset Maugham soggiornò con soddisfazione a Papeete 13 anni dopo la morte di Gauguin. La trovò molto affascinante, splendida di colori, di luce, di mare e di cielo. Gli ispirò anche il romanzo La Luna e Sei Soldi, una biografia di Gauguin molto libera e romanzata.


 Anche Matisse vi trascorse tre mesi nel 1930. Pure lui se ne innamorò, e la descrisse con bellissime parole.




 Quattro opere di Henri Matisse: Finestre a Papeete


 

















Ancora negli anni '50 lo scrittore James Michener parlò di Papeete come di un paradiso popolato da persone di ogni razza, tutte sorridenti e felici. Nel suo South Pacific parla di sale da biliardo, biciclette, stradine strette, larghe verande, sartorie cinesi e sale da ballo.
Folco Quilici  andò in Polinesia a più riprese. La descrisse priva di barriere sociali.


 Per strada le grandi ville si affiancavano alle capanne più modeste, non c'erano quartieri eleganti e quartieri poveri. I miliardari potevano andare a ballare con le cameriere, il Governatore e la sua cuoca frequentavano  gli stessi locali.
Nei viaggi successivi le macchine erano aumentate, e Papeete era diventata caotica. Gli abitanti non andavano più a pescare, bensì al lavoro, e rientrati a casa guardavano la tv: avevano cambiato sistema di vita. 
Oggi Papeete, capoluogo di Thaiti, è fra le città più caotiche al mondo; le barriere sociali sono molto sentite, e così pure il razzismo dei polinesiani verso i loro cugini delle meno civilizzate Isole Marchesi. Quando questi, attratti dalla civiltà e dall'urbanizzazione, emigrano ad Thaiti, i Thaitiani tendono a relegarli in miserabili periferie.


Negli anni '70 il compositore/poeta/cantante Jacques Brel si trasferì a vivere alle Marchesi, per puro spirito d'avventura. Le comunicazioni con gli altri arcipelaghi (per non parlare del resto del mondo) erano ridottissime. Egli mise a disposizione della popolazione la sua imbarcazione e il suo piccolo aereo, e cominciò un servizio gratuito di trasporto di merci e posta.

Jacques Brel e il suo bimotore
Non descrisse mai le Marchesi come un paradiso, ne parlò e le cantò per quello che erano: un posto molto povero e primitivo, con cieli grigi, pioggia, e difficoltà oggettive per gli isolati abitanti. La sua canzone Les Marquises, non ha nulla di folkloristico, neanche nella malinconica melodia. Potete ascoltarla qui .
 Brel visse per diversi anni a Hiva Hoa, dove Gauguin aveva passato gli ultimi anni della sua vita, e benchè sia morto a Parigi, è sepolto nel piccolo cimitero dell'isola, a fianco a Gauguin.
 
Paul Gauguin

Non è cambiata solo Thaiti, e la sua Papeete. Le isole di re Salomone (un migliaio) al momento della loro scoperta avevano grossi giacimenti d'oro. Oggi sono un paese appena uscito da un lungo periodo di lotte intestine tra diverse fazioni, un paese abbastanza povero, periodicamente distrutto da terremoti e conseguenti tsunami, e, come se non bastasse, anche avvelenato dalla malaria. Possiamo dire che le favolose Isole di re Salomone sono definitivamente uscite dal mito, benché rimangano come luogo dell'immaginario letterario.
Le isole Vanuatu sono anch'esse poco ricercate dai turisti. Si va da un terremoto ad uno tsunami con brevi intervalli. Poi la situazione sanitaria è inadeguata e la mortalità infantile drammaticamente alta.
Nell'immaginario collettivo permangono invece a pieno titolo Bora Bora e Moorea, con tutto il loro fascino, una natura generosa e indigeni piacevoli. La stessa cosa può dirsi di Samoa. Le Fiji invece hanno un fascino più recente, grande, ma privo di quell'alone di leggenda e dello spessore letterario delle Tonga, di Samoa, delle Marchesi ecc.

Bora Bora

 
Moorea

Chi è andato a vivere al giorno d'oggi in Polinesia, facendo il grande passo e dando una svolta alla sua vita, ha davvero trovato il paradiso? C'è chi ha fatto ricerche e interviste, e riporta risposte abbastanza varie. Qualcuno dice di aver ritrovato se stesso, qualunque cosa si intenda. Altri hanno appagato interessi culturali; altri ancora si sono lasciati inebriare dalla bellezza straordinaria della natura incontaminata, altri hanno trovato una vita senza stress. Qualcuno cercava, e ha trovato,  ispirazione artistica. Certo tutti hanno sperimentato una lentezza di ritmi nuova, un senso di sconfinata libertà, una natura stupenda. E se non si è trovato veramente l'Eden, di sicuro nessuno ha intenzione di lasciare quest'ottimo surrogato.
Quando si arriva su un'isola felice si scopre immediatamente che l'immagine dell'uomo bianco sdraiato sotto la palma, affiancato da una bella vahiné, è solo uno sciocco stereotipo. In paradiso si deve lavorare duro (in genere nel campo turistico). Ma senza troppi obblighi, serenamente, e tra splendide spiagge e cieli un po' meno splendidi.



La mescolanza di razze cinesi, francesi e maori hanno creato una razza bellissima, soprattutto parlando di ragazze. In nessun'altra parte del mondo i coloni hanno sposato le indigene, ed esse, le vahiné, hanno fatto da tramite tra francesi e indigeni per due secoli.



Oggi le vahinè, anche se belle, sono reputate donne di scarsa dolcezza, che mancano di discrezione, e che non conoscono le raffinatezze del piacere nè vi sono interessate. Sono frivole, superficiali e infedeli. E' difficile intrattenere con loro legami durevoli e profondi.




La vita culturale sulle isole, se c'è, è molto differente dalla nostra. Dopo poco gli argomenti mancano.
Gli indigeni, tutti cristiani, non hanno mai compreso il concetto di peccato. Però vanno a messa ogni domenica, frequentandola come funzione sociale.

I polinesiani non discriminano i bambini nati fuori dal matrimonio (che sono tanti! ). Essi vengono allevati da mamme, nonne, sorelle o chiunque altro. Non vengono discriminati nemmeno gli omosessuali o i travestiti. 
La parte più difficile che incontra chi si trasferice qui è tentare di avere rapporti con gli indigeni. Si scopre quasi subito che vi sono differenze culturali insormontabili. Sono intelligenti ma vivono alla giornata, non mantengono le promesse, non conoscono la puntualità, e confrontarsi con loro è una fonte di frustrazione. Per il resto la vita presenta pochi problemi: qualche difficoltà nel fare la spesa: esclusa Papeete, non vi sono market come li intendiamo noi; si rischia di dover comprare la roba a sacchi anzichè a confezioni.  In compenso si risparmia sugli abiti (gli stessi tutto l'anno) e sul riscaldamento. Si gode dei colori decisi del paesaggio tropicale, si assapora la tranquillità, ed è certo che molte di queste persone non torneranno più in Europa.
 
Paul Gauguin

Ma guai ad andarci per disperazione, per una delusione d'amore o perchè si è perso il lavoro. Lontanissimi da casa, senza nessuno con cui parlare, tagliati dal mondo, resterebbe solo il suicidio!
Scegliere il mito delle isole felici funziona solo se si ha l'animo sereno, meglio se insieme ad un compagno, una famiglia, un amico con cui dividere l'esperienza. Inutile scegliere Papeete, che è una città a tutti gli effetti, con i difetti di tutte le città. Piuttosto è meglio andare in un atollo lontano, dove la Polinesia sia ancora quella di Gauguin. Si possono fare splendidi incontri con europei che hanno condotto una vita avventurosa.
 
Per concludere voglio riportare un brano di un'intervista fatta al grande attore Arnoldo Foà. Parla della sua fuga alle isole Seychelles, isole dell'oceano Indiano, ma dal punto di vista del mito, assolutamente equiparabili alla Polinesia.  ''La fuga alle Seychelles per quattro anni, con il primo governo Berlusconi, è stata raccontata come un esilio politico: dopo aver sofferto il fascismo, gli ex fascisti tornavano al potere... In realtà decisi di rimanerci, più che di andarci. Mentre l'Europa è un'espressione della civiltà, le Seychelles sono un'espressione della natura, gli uomini somigliano alle piante, agli animali, agli uomini, è un modo di vivere naturale. In Europa si vive artificialmente, devi pensare a chi sei, a cosa pensi, a chi credi. Belle le Seychelles, belle!''



FINE 

Qui trovate la
prima parte


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