giovedì 25 settembre 2014





LE ISOLE FELICI DEI MARI DEL SUD
(prima parte)

James Cook
 
Nel XVIII secolo il capitano Cook fu incaricato dalla Royal Navy di cercare la leggendaria Terra Australis. Dopo aver mappato buona parte delle coste dell'Australia, dimostrandone la grandezza continentale, fu nuovamente mandato verso l'emisfero sud, perchè si continuava a credere che più a sud ci fosse un altro continente.
 



 Cook in effetti riuscì a raggiungere la costa dell'Antartide, ma la desolazione del luogo era tale che, se quello era il famoso continente australe, lo si poteva lasciar perdere. La cosa interessante fu che, abbandonate queste perlustrazioni, si dedicò a visitare e mappare una quantità di isole e arcipelaghi: Le Hawaii, le Marchesi, Tahiti, l'isola di Pasqua e un'infinità di altre isole Polinesiane.






Dopo questi viaggi si cominciò a pensare alla Polinesia come un luogo bellissimo, con meravigliosi paesaggi, indigeni amichevoli, un clima caldo, una vita facile in mezzo ad una natura più che prodiga, e per di più dei costumi sessuali molto liberi.
In Europa si diffuse in quegli anni il mito del ''Buon Selvaggio'', ossia il concetto di un'umanità non ancora guastata dalla civiltà, dunque innocente e vicina alla natura. Questo mito si trascinò appresso anche quello delle isole felici dei Mari del Sud. 
 



 Il fascino era innegabile, ma la realtà naturalmente era diversa.
I nativi erano gentili coi bianchi, e fra di loro erano molto sentiti valori come amicizia e solidarietà. Ma non si può dire che fossero pacifici. Spesso entravano in guerra con popolazioni di isole vicine, facevano sacrifici umani al dio della guerra (anche il capitano Cook vi assistette una volta), e avevano anche un altro costume, questo peggiore ancora: essendo abilissimi navigatori, si spostavano con le piroghe anche per lunghi viaggi; per avere scorte di carne fresca si portavano appresso un prigioniero nemico, e durante il viaggio ne tagliavano porzioni per nutrirsi, senza peraltro ucciderlo, visto che doveva durare per tutto il viaggio. Con tanti saluti al Buon Selvaggio.






Quanto al clima, era sì caldo, ma umidissimo e soffocante. La presenza di zanzare e altri insetti lo rendeva molto fastidioso. E poi c'erano i frequenti uragani.
Il sesso era effettivamente molto libero, e la cosa colpì molto gli europei cresciuti sotto il pugno ferreo della religione e dei suoi tabù. Tuttavia, come scoprirono presto i primi europei che decisero di andare a vivere in Polinesia, il sesso non è tutto.



Paul Gauguin
  
 In un paradiso dove non ci si doveva arrabattare per la sopravvivenza, dove bastava gettare un amo in mare per approvvigionarsi di pesci, dove bastava allungare una mano per raccogliere frutti squisiti, dove gli abitanti vivevano esclusivamente nel presente, senza far provviste nè progetti, nè aver preoccupazioni, gli argomenti comuni di conversazione mancavano. I polinesiani (e le polinesiane) erano un po' infantili e totalmente inaffidabili, con un senso del tempo, delle responsabilità, dei doveri, assolutamente assente. La comunicazione e gli scambi culturali, con una popolazione che non conosceva la scrittura, la tessitura, e tante altre cose, erano praticamente impossibili. La maniera di vivere nulla aveva in comune con la cultura europea. Al di là del sesso c'era solo un'incommensurabile noia.


Paul Gauguin: Vahiné sotto un albero di mango

Quando l'Europa scoprì la Polinesia ci furono subito delle conseguenze: l'arrivo dei missionari e la comparsa delle malattie veicolate dall'uomo bianco, prime fra tutte quelle veneree.
I missionari, in molti casi si dimostrarono dei veri imbecilli: distrussero molta della vegetazione esistente per far sì che gli indigeni dovessero coltivare, lavorare, sudare per avere da mangiare. Essi pensavano infatti che il lassismo dei polinesiani derivasse da una vita troppo facile. Cercarono anche di inculcare il senso del peccato e dei tabù sessuali. Fu però uno sforzo vano: il sesso piaceva troppo. Riuscirono meglio nell'inculcare il senso del pudore. Ancora oggi si possono vedere turiste occidentali ''pagane'' che prendono il sole nude, nella convinzione che le Isole Felici siano proprio il posto giusto per queste trasgressioni, mentre le ragazze locali fanno il bagno vestite. I giovani polinesiani guardano con concupiscenza le ignare (o consapevolissime) signore straniere.

Nonostante gli enormi cambiamenti avvenuti negli ultimi 300 anni, il mito resiste nell'immaginario collettivo occidentale....
Fine della prima parte. 

Paul Gauguin
Qui trovate la seconda parte

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