sabato 6 settembre 2014





ILLUSTRATORI NELL'ITALIA COLONIALE




 Aurelio Bertiglia (Torino 23 giugno 1891 - Roma 2 ottobre 1973) fu illustratore, disegnatore pubblicitario, caricaturista, designer grafico e di moda, infine anche pittore, Diede forse il meglio soprattutto nelle illustrazioni dedicate ai bambini.


























Cominciò giovanissimo a disegnare cartoline,
soprattutto di propaganda bellica, durante
la Grande Guerra.













Finita la guerra, continuò l’attività inaugurando una serie che lo rese famoso: bambini dai corpi paffuti, dalle grandi testoline, con grandi occhioni, ma dagli atteggiamenti fastidiosamente adulti, tanto da essere francamente imbarazzanti, e, talora, disgustosi.
Tutto questo fa pensare ad un atteggiamento morboso sia da parte di Bertiglia, sia del pubblico dell'epoca, presso il quale queste cartoline erano estremamente popolari.





Il pittore e la modella


Il pittore e la modella
Vita contadina

Se ci vedessero!...
Oh, se potessi ritornare bambina!...







Non me l'avevi detto, che hai avuto un bambino!










Il peggio di sè Bertiglia lo diede durante il periodo coloniale italiano, in una serie di cartoline con i soliti bambini dagli occhi falsamente dolci, pieni di violenza alternata ad una finta bonomia.


 Gli italiani brava gente: eccoli passare il rancio ai poveri negri, e infondere un po' di cultura insegnando ''Faccetta nera''.




 
 


Dalle direttive di Mussolini a Graziani in data 3 maggio 1936:
Occupata Addis Abeba vostra eccellenza darà ordini perché: 1] siano fucilati sommariamente tutti coloro che in città o dintorni siano sorpresi con le armi in mano; 2] siano fucilati sommariamente tutti i cosiddetti giovani etiopici, barbari crudeli e pretenziosi, autori morali dei saccheggi; 3] siano fucilati quanti abbiano partecipato a violenze, saccheggi, incendi; 4] siano sommariamente fucilati quanti, trascorse 24 ore, non abbiano consegnato armi da fuoco e munizioni. 







Gli italiani portano la civiltà in Etiopia sopprimendo la schiavitù, un barbaro uso locale.


 


 Ma in Cirenaica le cose erano andate diversamente:

Nel gennaio 1930 il generale Rodolfo Graziani affianca il governatore Pietro Badoglio nella repressione della resistenza antitaliana, guidata da Omar al-Mukhtar. Viene attuato un piano di deportazioni delle tribù seminomadi che appoggiano i ribelli, si ordina di impiccare i capi ribelli catturati, viene emanato un proclama i cui si afferma che se il nemico non si piega, sarebbe stato sterminato: ogni cosa sarebbe stata distrutta, le proprietà confiscate, i colpevoli puniti persino nelle loro famiglie; vengono istituiti tribunali volanti con diritto di morte per reati quali il possesso di armi da fuoco o il pagamento di tributi ai ribelli; viene permesso l’utilizzo di strumenti bombe ad aggressivi chimici, come testimonia un dispaccio di Badoglio al vicegovernatore Siciliani del 10 gennaio 1930: "Continui rastrellamenti e vedrà che salterà fuori ancora qualcosa. (....) Spero che dette bombe all'iprite le saranno mandate al più presto".
La riconquista della Cirenaica dura circa due anni e si conclude con un impressionante bilancio di vittime tra la popolazione.
Per togliere ai ribelli ogni sostegno da parte della popolazione, Graziani e Badoglio decidono che dal 25 giugno 1930 vengano creati dei campi di concentramento vicini alla costa per le popolazioni del Gebel che avevano dato appoggio alla resistenza antitaliana. Questi campi non solo rompono ogni legame tra popolazione e ribelli, ma spezzano ogni possibilità di autosussistenza delle comunità seminomadi. In sei campi principali e una decina di minori vengono deportate, dopo lunghe marce forzate, tra le 100 e le 120.000 persone, con tutti i loro beni e le loro greggi (circa un milione di animali), costrette a vivere in aree ristrette, dove le condizioni di vita diventano subito ai limiti della sopravvivenza. In una lettera a Graziani del 20 giugno 1930 Badoglio scrive: "Bisogna anzitutto creare un distacco territoriale largo e ben preciso tra formazioni ribelli e popolazione sottomessa. Non mi nascondo la portata e la gravità di questo provvedimento che vorrà dire la rovina della popolazione cosiddetta sottomessa. Ma ormai la via ci è stata tracciata e noi dobbiamo perseguirla fino alla fine, anche se dovesse perire tutta la popolazione della Cirenaica".






Tutto questo ha poco o niente a che fare con Aurelio Bertiglia, che si limitò a servire il regime acriticamente, come i più. Ma i suoi bimbi paffutelli sono più inquietanti di quanto non lo siano per esempio i personaggi beceri delle vignette di De Seta.





Enrico De Seta fu un grande cartellonista cinematografico, disegnatore e vignettista.




Bellissimo cartellone eseguito da De Seta




 Lavorò, fra le altre testate, anche su ''Il Balilla'' per il quale inventò due personaggi satirici, re Giorgetto d'Inghilterra e Ciurcillone. Dovevano essere strisce di propaganda bellica, ma i due personaggi erano così simpatici, che si sortì l'effetto contrario, e la loro pubblicazione fu interrotta.
Le sue vignette umoristiche sulla guerra e sulle colonie italiane oggi non fanno più ridere, o forse fanno ridere proprio per il loro eccesso di volgarità priva di ipocrisie. 







(A questo punto non può non venirmi in mente la trista vicenda di Indro Montanelli e della sua bellissima  moglie bambina  dodicenne, poi ceduta ad uno dei suoi ascari prima del ritorno in Italia. Nel link trovate la squallida intervista.) 





 Da notare come la donna nera è sempre connivente con il grande uomo bianco, ricerca le sue attenzioni e ne è lusingata, è contenta di essere spedita come un pacco, di essere comprata come schiava, di essere violentata. Il maschio nero invece è sempre simile ad una scimmia.




La leggerezza con la quale viene illustrata la violenza ci fa comprendere come, trattandosi di poveri selvaggi, questa fosse tranquillamente sdoganata, considerata un dovere ed apprezzata.










Con un atteggiamento simile alle donne nere di De Seta è anche questa, che appare in una pubblicità firmata Sto (Sergio Tofano) e che aggiungo qui alla fine, giusto come una chicca curiosa.











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